REDAZIONE FIRENZE

Rosario che sogna un bagno al mare: "Ora voglio cambiare"

Le storie di chi costruisce un progetto fuori dalla cella

Le cucine nel carcere di. Sollicciano sono due, ma solo una è attualmente agibile (Foto di Barbara Cardini)

Le cucine nel carcere di. Sollicciano sono due, ma solo una è attualmente agibile (Foto di Barbara Cardini)

"Ho passato più tempo dentro che fuori". Rosario, 47 anni, originario di Crotone, è stato condannato per omicidio e il suo fine pena è previsto nel 2033. "Non riesco a pensare a quello che ho fatto – esordisce, –, me ne pento ogni giorno. Ora sono cambiato, voglio ricominciare un’altra vita, voglio conoscere i miei nipoti e farmi un giro in moto". Nella stanzina del reparto amministrativo del penitenziario fiorentino, a fare compagnia a Rosario c’è Biagio, 45 anni, anche lui calabrese. Entrambi sono articoli 21, modalità di trattamento penitenziario che mira a favorire il reinserimento sociale del detenuto con lavori all’esterno. Godono di permessi e sono reclusi in celle singole.

Anche loro, però, hanno assaporato la brutalità delle sezioni detentive. "Lì la cella si condivide con altri detenuti – spiega Biagio, finito in carcere per un cumulo di pene per reati contro il patrimonio –, e una rissa può scoppiare anche se ci si rifiuta di offrire una sigaretta".

Tutti e due hanno un lavoro: Rosario costruisce biciclette, ha imparato un mestiere e una volta fuori vuole mettere in atto la manualità appresa; Biagio si dà da fare per l’azienda agricola del penitenziario, lui un lavoro a Firenze già lo aveva e quando è arrivata la stangata della condanna era a capo di una piccola impresa edile con la quale riusciva a mandare avanti la famiglia. "Quando esco voglio solo riprendere ciò che ho lasciato – continua Biagio –, stare con i miei figli, magari tornare per un po’ in Calabria e farmi un bagno al mare".

Le giornate dentro si susseguono sempre allo stesso modo: lavoro, pasti, e poi palestra. Le mani di Rosario sono mani da gigante. Le parole escono dalla bocca con difficoltà. L’orrore di quella notte di oltre 20 anni fa, forse, non si cancellerà mai dalla sua mente, come da quella dei genitori a cui ha strappato un figlio. "Cerco di guardare avanti – spiega con parole misurate –, vorrei continuare a vivere a Firenze con i miei fratelli e mia madre. Qui sento di poter ricominciare da zero".

Dai 14 ai 30 anni, invece, Biagio ha vissuto per strada. Suo padre lo ha abbandonato, e per campare ha dovuto rubare tutto ciò che gli capitava a tiro. "A Sollicciano siamo seguiti da psicologi e operatori – aggiunge –, ho capito i miei errori, ciò che ho fatto di sbagliato. Da quando sono dentro non ho mai avuto un richiamo, non ho mai creato problemi. Sconto la mia pena con la forza che mi infonde la mia famiglia".

Rosario e Biagio hanno pregressi diversi. Ma progetti simili, per il dopo. I volti tradiscono un’età maggiore di quella anagrafica. Lo sguardo ha perso smalto e il passo circospetto è quello di chi dorme con un occhio aperto da molti, molti anni. Nei pensieri di entrambi, però, rimangono sogni da ragazzo. "La famiglia, la moto, il mare, un giro con la fidanzata". Che un giorno, forse, potranno realizzare.

P.m.