Rondine, lezioni di pace: "Siamo tutti responsabili"

Dialogo fra giovani ucraini e russi, israeliani e palestinesi nel Salone de’ 500

Rondine, lezioni di pace: "Siamo tutti responsabili"

Rondine, lezioni di pace: "Siamo tutti responsabili"

"Rondine è il solo posto dove russi e ucraini dialogano ed è straordinario aver sentito la loro voce in questo Salone", esclama comosso il sindaco Dario Nardella.

Sabina, Kateryna, Loai e Noam hanno vissuto la guerra e raccontano il loro percorso di pace. Qui, nel Salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, cuore pulsante di una Firenze che per un giorno si ferma ad ascoltare i racconti di un piccolo borgo sull’Arno. Rondine, alle porte di Arezzo, dove i nemici di mille conflitti convivono da oltre vent’anni. È Nardella ad averli voluti qui, nel centro di un’altra Firenze, quella di La Pira. "La Pira è stato la nostra ispirazione": dice Franco Vaccari presidente della Cittadella della pace. I protagonisti parlano in pubblico per la prima volta dallo scoppio delle due ultime guerre: l’orrore del 7 ottobre in Medioriente e le bombe su Kiev. Un viaggio nel dolore e nella speranza che Agnese Pini, direttrice di Qn-La Nazione– Il Giorno e il Resto del Carlino sollecita in punta di piedi, dialogando con i giovani di Rondine. "Provate a raccontarci il vostro dolore", la domanda coglie nel vivo le due coppie di nemici. Un percorso faticoso, per ricostruirsi e rintracciare nell’altro non un nemico ma una persona. "È un dolore che provo da 76 anni": dice Loai giovane palestinese di Jenin, caricandosi sulle spalle la memoria del suo popolo. "A Rondine ho mostrato un Israele che non spara, non blocca ai check point": dice Noam sposando le parole dell’amico-nemico. "Questo messaggio ha un sapore diverso alle vigilia della nostra Liberazione, una grazia che non sempre abbiamo meritato": Pini ricuce il dramma e la speranza di 80 anni fa a quella di oggi. "All’inizio non riuscivo neanche a guardarla in faccia" dice Kateryna. Con lei non volevo parlare russo, per me era la lingua dei soldati che hanno attaccato il mio Paese". Sabina l’ascolta, negli occhi il velo di una responsabilità più grande di lei. "È il marchio dell’aggressore, ho paura di non liberarmene più". Ma Kateryna le ha teso la mano e ora sono inseparabili.

L’incontro va oltre la giornata fiorentina: "Spedirò le immagini di questi momenti unici ai sindaci di mezzo mondo, compreso Mosca, Kiev, Betlemme e Tel Aviv", scandisce Nardella alla platea. Tra i presenti il governatore Eugenio Giani.

"Pur non essendo colpevoli, tutti siamo responsabili di una scelta" richiama Vaccari. Pensa alle rappresaglie, alle tensioni. Pensa sopratutto a Liliana Segre che a Rondine ha lasciato l’eredità della sua testimonianza. "Al comandante del campo è caduta la pistola, avrei potuto raccoglierla per ucciderlo: non l’ho fatto e dal quel momento sono una donna libera".

Lucia Bigozzi

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