COSIMO
Cronaca

Quella visita di Paolo VI dopo l’alluvione

Cosimo

Ceccuti

Dopo la visita del 2015 per il convegno della Cei, Papa Francesco torna a Firenze per l’incontro dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo: due momenti, uno "religioso" l’altro "laico", che trovano la loro sintesi nell’assemblea congiunta di domenica a Palazzo Vecchio. Il Santo Padre sarà accolto nella sua breve permanenza da una città diversa rispetto a quella di sette anni fa, profondamente provata dai lunghi mesi di pandemia, sul piano morale e materiale, ansiosa di risollevarsi. Ecco perché, pur estendendosi la visione globale ai problemi del Mediterraneo, il pensiero torna oggi alla visita solidale del suo predecessore, Paolo VI (nella foto), e alla Messa celebrata in Santa Maria del Fiore la notte di Natale del 1966, cinquanta giorni dopo l’alluvione. Eravamo tutti là, bottegai e angeli del fango, civili e militari, ad accogliere il Santo Padre che, giunto a tarda sera al casello stradale di Firenze Sud, aveva percorso i quartieri di Gavinana e di Santa Croce, i più colpiti e desolati, accompagnato dai volti provati della gente. Sul sagrato di Santa Croce il saluto del sindaco Piero Bargellini e le parole del Pontefice, proclamatosi in quella notte magica "cittadino di Firenze", "vostro amico, vostro fratello… Padre vostro". A seguire, la celebrazione eucaristica in Duomo, fra una massa di folla accalcata dentro e fuori la Cattedrale, nelle strade ancora segnate dal fango. Fino al gesto finale di Paolo VI: sorprendendo i presenti il papa appese al Gonfalone fiorentino la medaglia d’oro del Concilio Vaticano II, accanto a quella al valor militare per la resistenza e la lotta per la liberazione. Credo che la nostra sia a tutt’oggi la sola città al mondo a vantare un simile riconoscimento. Comune e diffuso era il sentimento di gratitudine, colto con efficacia dal giovane direttore del Resto del Carlino, Giovanni Spadolini, presente all’evento come tutti i fiorentini: "La solidarietà nel dolore: che equivale al più alto sigillo della nostra umanità, di vero e inconfondibile segno della redenzione". Da Firenze si può levare con autorevolezza un appello al dialogo, alla pace fra i popoli, a una reciproca comprensione e aiuto, non fosse altro per quanto essa ha sofferto nella sua storia, riuscendo sempre a risorgere. Quelle medaglie appese al Gonfalone sono lì a ricordarlo.