
Stasera a Lucca la fantastica corsa del frontman sulle note di successi come "Don’t You (Forget About Me)"
di Andrea Spinelli
Eterni Simple Minds (nella foto). Vivi e vegeti, anzi "alive and kicking" come ricorda uno dei loro brani più fortunati messo come regola a fine spettacolo per regalare ai fans l’ultima sferzata di energia. L’appuntamento com Jim Kerr e Chris Burchill è stasera in Piazza Napoleone sul palco del Lucca Summer Festival per una corsa inesausta che da “Waterfront” porta a “Don’t you (forget about me)” . Diciassette-diciotto brani in tutto, nessuno successivo al 1991, a conferma che la “golden age” della band restano gli anni Ottanta. Sul palco, oltre alla supercoppia di “New gold dream”, Ged Grimes al basso, Cherisse Osei alla batteria, Gordy Gudie alle tastiere e Sarah Browne ai cori.
Jim, quarantotto anni da Simple Minds sono tanti...
"Già, ma ricordo ancora benissimo gl’inizi. Papà faceva il muratore e i 100 pound per registrare il primo demo dei Simple Minds ce li dette lui, anche se non credeva che avrei potuto avere un futuro nella musica. Se n’è andato cinque anni fa e fino all’ultimo giorno ha continuato a ripetermi: hey, mi devi ancora 100 sterline!".
Il vostro è un catalogo straordinario con oltre 240 canzoni. Perché qualche anno fa avete deciso di venderlo?
"Perché era un buon affare. Non ho bisogno di soldi, ma ci sono figli, nipoti… la vita va pianificata. Comunque, non mi ci sono comprato una Ferrari né mi sono messo a mangiare ostriche tutti i giorni. Anche perché a me piacciono le lenticchie e ho una Vespa che funziona benissimo".
Perché non si scrivono più brani come “Mandela day”?
"Perché non ci sono più personaggi come Nelson Mandela. Oggi il mondo mi sembra governato da bambini. Cretini. Prima che cadesse il muro di Berlino in politica tutto era più netto, evidente, bianco o nero, mentre ora ci sono infinite sfumature di grigio".
Pure i Simple Minds hanno passato il loro momento buio...
"Sì. È stato nella seconda metà degli anni ’90 e siamo arrivati ad un soffio dal considerare esaurita la nostra storia. Mi dicevo che, in fondo, pure i Beatles erano durati solo una decina di anni. Poi grazie anche ad un amico italiano, Daniele Tignino, che mi ha portato in studio con lui, ho pian piano ripreso".
La sua passione per l’Italia quando è nata?
Durante una gita scolastica. Quando arrivai in vacanza a Rimini dalla grigia Glasgow scoprendo che il mondo era a colori. Poi nell’83 è arrivata la folgorazione per il Sud. Posso dire, infatti, di essere nato in Scozia, ma di essere rinato in Sicilia. Ora vivo qua, pago le tasse qua e dopo il lockdown ho preso pure la cittadinanza. Anche come reazione all’assurdità della Brexit”.
E il calcio?
"Il Celtic è la mia fede, ma sono cresciuto col mito dei Mazzola e dei Rivera, quindi sensibile al fascino della maglia azzurra".