
Domenica il cantante sarà al Cinquale, al Viber Summer Festival, accompagnato dai suoi quattro musicisti
Lazza domenica a è a Cinquale al Viber Summer Festival. Una rentrée toscana che l’uomo di “Cenere” affronta col desiderio di raccontarsi sotto una luce completamente diversa rispetto allo show portato a gennaio al Mandela Forum di Firenze. "Visto che il tour invernale nei palazzetti era solo base e voce, quest’estate ho voluto fare tutt’altro" premette lui, Jacopo Lazzarini, 30 anni, (nella foto) parlando di un Locura Summer 2025 in cui è accompagnato da Eugenio Cattini alla chitarra, Claudio Guarcello alle tastiere, Luca Marchi al basso e Giovanni Cilio alla batteria. Gli stessi presenti in nell’album “Locura Jam + Opera”. Lazza ha deciso di puntare sulla dimensione “Jam”, lasciando a casa l’orchestra sinfonica che l’ha accompagnato nel preambolo del tour a San Siro.
C’è da dire che pure a San Siro la parte “jam” è apparsa più forte di quella orchestrale. "Sì, la forza sta nella band. Diciamo che nell’album la parte orchestrale l’ho fatta più per gli altri e quella jam più per me. Forse è stato un po’ stupido da parte mia non osare con l’orchestra quel che ho osato col gruppo, ma ho avuto sentore che con l’ensemble i pezzi in chiave molto diversa dall’originale venissero un po’ pasticciati. Non nascondo, però, che mentre registravo la parte ‘jam’ mi sono detto: cavolo, il disco avrei potuto farlo tutto così".
Con quali intenzioni ha lavorato a questo show? "Volevo portare in tour qualcosa che rispecchiasse davvero ciò che sono oggi: uno show costruito su misura, con un’identità forte. Qualcosa che prova a rispecchiare davvero quello che sono oggi musicalmente e non solo. È come se a San Siro si sia aperta una nuova fase, anche mentale. Dopo quello fatto in questi anni era inevitabile la domanda ‘e adesso?’. Adesso inizia un’altra storia, con una consapevolezza diversa e una visione più ampia. Non ho mai voluto che suonasse come ‘ok, ora che ce l’ho fatta, mi fermo’".
Niente ospiti, dunque. Ma la logica del tu vieni da me che poi io vendo non sta rendendo il rap italiano un circolo chiuso, un club frequentato sempre dagli stessi? "Effettivamente la formula è po’ satura. È pure vero che siamo quattro gatti e sono io il primo a dire che nei dischi ci sono quasi sempre gli stessi featuring che ai concerti quasi sempre gli stessi guest. Posso anticipare, però, che sono al lavoro su nuovi progetti con un sacco di giovani".
A lei chi ha dato un’opportunità quando era alle prime armi? "Emis Killa l’ha fatto un sacco di volte. E gliene sarò sempre stato grato. A Roma, durante la festa di una radio, ho chiesto al pubblico di fare un applauso ‘a mio papà Emis’. Perché per me lui è veramente quella cosa lì. Un altro è Salmo, che mi ha ‘svezzato’ nel rapporto col palco e col live. Tanti consigli giusti me li ha dati pure Fabri Fibra, persona, prima ancora che collega, a cui voglio molto bene. E poi c’è Marracash lo psicologo, ogni chiacchiera con lui è una seduta d’analisi".
Andrea Spinelli