FABRIZIO MORVIDUCCI
Cronaca

Pelletteria, anno difficile. Timidi segnali di ripresa solo dai primi mesi 2026

Ma ci sono alcune raccomandazioni: favorire l’aggregazione tra imprese. L’Associazione: "Le istituzioni prevedano incentivi per renderla possibile".

Un momento dei lavori nel Salone de’ 500

Un momento dei lavori nel Salone de’ 500

Il 2025 sarà ‘di crisi’ fino alla fine. Secondo gli analisti i segni di una ripartenza per il comparto della pelletteria dovrebbero arrivare alla fine del primo semestre 2026. Ma con alcune prescrizioni: quella per le imprese è favorire progetti di aggregazione in modo da accorciare la filiera; quella per le istituzioni è sostenere il settore con incentivi che vadano in questa direzione. Sono i temi principali usciti ieri da Palazzo Vecchio dove Assopellettieri ha organizzato gli Stati generali della pelletteria italiana. "Abbiamo fatto un sondaggio tra i nostri associati - ha detto la presidente, nazionale Claudia Sequi, che è titolare di un’azienda proprio nell’area fiorentina – e secondo il 32% la ripresa è prevista nella seconda metà del 2025; per il 50% è prevista nel 2026. La situazione non è brillante. Sappiamo tutti che ci sono delle difficoltà, il nostro settore nel 2024 ha perso quasi 1,2 miliardi di fatturato, scendendo a 12 miliardi. Abbiamo dei dati che sono preoccupanti come la produzione industriale al -23% e il numero delle ore di cassa integrazione autorizzate, si parla di 36 milioni. Ci auguriamo che non tutte siano state usufruite, ma insomma sono numeri molto importanti". La Toscana è il cuore del distretto del lusso e degli accessori in pelle.

La provincia di Firenze, con la filiera che abbraccia tutta l’area metropolitana è il motore regionale della pelletteria. I dati sull’export 2024 vedono la nostra regione saldamente in vetta (4,31 miliardi di euro nel 2024, con una quota di circa 1/3 del totale nazionale), ma con un calo a due cifre (-16,6%). Analizzando i principali sbocchi toscani spicca il crollo dei flussi verso la Svizzera (-82,7%). La Francia (anche per il rientro delle produzioni effettuate nel nostro Paese per le griffe transalpine) si è confermata al primo posto, mostrando un consolidamento (per quanto moderato: +3,6%). In aumento USA e Giappone (+8,1% e +6,3% rispettivamente), che precedono la Cina (-31,1%) dove invece, particolarmente le fasce lusso, hanno risentito notevolmente del deterioramento del clima di fiducia dei consumatori e della minor propensione all’acquisto. Firenze guida la graduatoria per provincia dell’export settoriale (con 3,43 miliardi, pari al 26,9% del totale Italia), nonostante la battuta d’arresto prossima al -20%. Nella top10 delle province figurano anche Pisa (+0,4%, quarta con 574 milioni di euro) e Arezzo (+2,7%, decima con 188 milioni). "La situazione geopolitica – ha detto Sequi - si aggrava tutti i giorni, assistiamo a un continuo aumento dei prezzi, e della materia prima, dei costi energetici, dei tassi di interesse e quindi a tutti gli eventi che hanno impattato molto sul nostro settore".

Quale la soluzione? Aggregarsi. Aggregarsi è un modo per salvare le piccole, che in questi mesi stanno rischiando di sparire. Ma certo non è facile, e soprattutto serve un sostegno da parte delle istituzioni.

Su questo il presidente della Toscana, Eugenio Giani ha dato il quadro dell’impegno toscano. "Stiamo lavorando sulle cinque direttrici su cui ci siamo proposti, ovvero quella dei finanziamenti europei da portare con bandi, abbiamo attivato 93 milioni di bandi per innovazione e sviluppo e per le condizioni logistiche delle imprese; in secondo luogo sulla formazione. C’è bisogno di avere da livello nazionale delle agevolazioni, e sotto questo aspetto anche processi di cassa integrazione, e poi naturalmente c’è la necessità di un orizzonte strategico fatto dei servizi alle imprese".

Qualche indicazione è arrivata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha inviato un videomessaggio: "Abbiamo definito misure per circa 250 milioni di euro dedicati proprio alle micro, piccole e medie imprese del settore moda: di questi, in particolare, 100 milioni sono dedicati ai mini-contratti di sviluppo che agevolano l’aggregazione tra Pmi. Un altro importante fronte su cui il Mimit è impegnato è la valorizzazione di professionalità specializzate, sempre più difficili da reperire". Sul fronte del ricambio generazionale, sempre nel Ddl Pmi, che è all’attenzione del Parlamento, è inserita una norma in base alla quale per ogni lavoratore che riduce il proprio orario, il datore di lavoro potrà contemporaneamente assumere a tempo pieno e indeterminato un giovane sotto i 35 anni.

Fabrizio Morviducci