Omicidio Ciatti, chiusa l’istruttoria: conto alla rovescia per la sentenza lampo

Respinte le istanze della difesa del ceceno Rassoul Bissoultanov compresa quella di estromettere la parte civile. Di nuovo in aula il 7 febbraio per le richieste del pm e forse anche il verdetto

Firenze, 13 gennaio 2023 - L’ostruzionismo della difesa di Rassoul Bissoultanov non passa. E così, l’udienza di ieri mattina, nell’aula bunker del carcere romano di Rebibbia, diventa l’ultima dell’i struttoria del processo italiano per l’omicidio di Niccolò Ciatti. Respinte le varie eccezioni (compresa quella di estromettere la parte civile), si torna in aula il 7 febbraio, forse per l’ultima volta: è infatti prevista la requisitoria del pubblico ministero, Erminio Amelio. Poi, dopo le parti civili e le arringhe dei legali dell’imputato ceceno, i giudici della corte d’assise di Roma andranno in camera di consiglio. Già quel giorno, potrebbe arrivare la sentenza. "Sono soddisfatto che i giudici non abbiano assecondato la difesa con le sue argomentazioni mirate a perdere tempo", dice Luigi Ciatti, il babbo della giovane vittima, barbaramente uccisa dal calcio alla testa del lottatore Bissoultanov.

Era l’agosto del 2017, a Lloret de Mar. Discoteca St Trop. Niccolò, 22 anni, di Scandicci, commerciante del mercato di San Lorenzo, era in vacanza con il suo gruppo di amici. Cinque anni e mezzo dopo, c’è un’inedita corsa fra Stati sulla competenza del procedimento: in Spagna, Bissoultanov è già stato condannato due volte, in primo grado e in appello. Ma contro i quindici anni (il minimo previsto dall’ordinamento spagnolo per il reato di omicidio volontario) la famiglia Ciatti ha dato mandato ai suoi legali di ricorrere alla Cassazione: chiedono, come già hanno fatto - invano - nel secondo grado di giudizio, che all’assassino di loro figlio sia inflitta una pena più alta, fino al massimo di 25 anni.

In Italia, le pene per lo stesso tipo di reato sono più alte e qui, nel processo che si potrebbe concludere a febbraio, Bissoultanov rischia anche l’ergastolo.

Il problema è che il processo italiano potrebbe spegnersi se, come è probabile, l’iter giudiziario spagnolo, ormai a un passo dall’ultimo scalino, raggiungerà per primo la definitività. "Ma arrivare anche qui a una sentenza sarebbe un segnale", commenta ancora Luigi Ciatti. La sua speranza, è che la giustizia italiana sia più dura rispetto a quella spagnola nei confronti dell’imputato, che oggi resta latitante.

Si è dileguato lo scorso luglio, alla vigilia di un’udienza della sorveglianza di Girona in cui rischiava di poter tornare dentro. Ancora oggi, nessuno sa dove sia.

Eppure, questa storia avrebbe potuto assumere tutta un’altra piega quando la Germania, dov’era stato arrestato il ceceno durante un suo permesso concesso dal giudice per visitare i parenti a Strasburgo, aveva concesso l’estradizione all’Italia.

Bissoultanov è stato detenuto per un periodo nelle nostri carceri, poi, con una decisione che è stata annullata dalla Cassazione, quel provvedimento si è rivelato illegittimo: i legali della famiglia Ciatti, Agnese Usai e Massimiliano Stiz, non erano stati messi a conoscenza dell’istanza presentata dal collega Francesco Gianzi per conto dell’imputato.

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