REDAZIONE FIRENZE

O come onestà Un compito nobile

Cosa può voler dire onestà letteraria in un’arte in cui si usa ovviamente anche una capacità "retorica"? Con retorica intendo ovviamente "l’arte del dire", la capacità di saper scegliere le parole adatte per raccontare una storia in modo emozionante, e non certo la scaltrezza nell’arte della persuasione. Mi sento di dire che in letteratura l’onestà conta moltissimo. Si tratta di un’onestà intrinseca, potrei dire intima, che riguarda il "rapporto" tra lo scrittore e ciò che scrive… Che di conseguenza investe anche la relazione tra il romanzo e i lettori. Onestà vuol dire innanzitutto sentire la necessità di scrivere - e di volta in volta di scrivere quella certa storia - senza altro scopo se non quello di raccontarla, di dissotterrarla, di farla emergere dal buio dove sono custodite tutte le possibili storie del mondo, sentendo il privilegio di essere stati incaricati (chissà da chi) di portare a buon fine questo nobile e misterioso compito. Vuol dire non mettere in piedi nessun trucco per ingraziarsi il lettore, per lusingarlo, per blandirlo, o magari per ingannarlo. Vuol dire non giocare con le parole per far vedere quanto si è bravi a dominare la lingua (che poi se cerchi di dominare la lingua, lei si ribella e ti espone al pubblico ludibrio). Onestà vuol dire non cercare momenti di effetto del tutto inutili alla narrazione, non vomitare sulla pagina scene che servono soltanto a compiacersi, o a scandalizzare, o a essere moderni, ma che non hanno alcuna necessità narrativa (come ad esempio le scene di sesso dettagliate e prolungate, per me noiosissime e narrativamente insulse). Onestà significa – come abbiamo già detto – rispettare la storia, metterla in primo piano e stare un passo indietro, per non inquinarla con il nostro ego, per non cercare di diventare più importanti di ciò che scriviamo. Vuol dire nascondersi e lasciare spazio ai personaggi (senza usarli per i nostri personali sfoghi, che possiamo indirizzare altrove). Vuol dire cercare il giusto modo per offrire la storia ai lettori nella speranza che si dimentichino di noi. Significa scrivere per il piacere di raccontare, senza pensare al contratto, al successo, ai possibili apprezzamenti, e via dicendo. Significa scrivere sentendo che in quei momenti dentro di noi accade qualcosa di importante, una sorta di depurazione. Scrivere è un po’ come buttare via la spazzatura e riciclarla (gettare via residui che se restano dentro di noi rischiano di marcire), e trasformarla in storie e in personaggi… E qui si torna alla lettera A, come Alchimia.