LAURA TABEGNA
Cronaca

Nelle opera di Emanuela Nay lo spirito che sopravvive alla distruzione

La mostra 'Human Traces', dell'artista che si divide tra Firenze e San Francisco, al Caffè storico delle Giubbe Rosse fino al 5 giugno

L'artista Emanuela Nay

Firenze, 2 giugno 2015 - Il genere umano si è estinto e la natura continua il suo corso inesorabile in uno scenario apocalittico. Nel  silenzio del ‘day after’, del giorno dopo la distruzione dell’uomo per il riscaldamento globale, rimangono però  ‘tracce di umanità’. Sono gli spiriti, bellissimi e sofferenti, nati dalla creatività di Emanuela Nay, artista poliedrica che ormai da alcuni anni si divide tra San Francisco e Firenze. Pittrice, fotografa, performer multimediale, la Nay espone un’antologica del suo interessante lavoro al Caffè storico delle Giubbe Rosse a Firenze, fino al 5 giugno, dal titolo ‘Human Traces’.  In esposizione sedici foto e otto quadri, di cui un grande autoritratto. L’allestimento dimostra la complessità del lavoro dell’artista e la sua formazione dal doppio binario, nel segno della tradizione toscana e in quello della multimedialità digitale americana. Ma non solo.

Le opere di Emanuela Nay trasmettono una forza che nasce da un’immedesimazione totale, che l’artista realizza grazie al suo talento di attrice di teatro classico. Gli spiriti erranti nei sentieri della fine del mondo sono rappresentati dalla stessa Nay, grazie al transfert che si realizza nel momento dell’autoscatto. Espressione di una bellezza botticelliana del terzo millennio, Emanuala Nay ha acceso i suoi occhi azzurrissimi, la sua chioma rosso fuoco e il suo corpo dalla delicatezza rinascimentale nelle foto esposte in mostra,  frutto di una contaminazione tra digitale e banco ottico, tecnologia e sentimenti. «Ho immaginato il mondo dopo il global warming – spiega l’artista -. L’uomo si è estinto, ma il suo spirito non può morire. Ho interpretato la sofferenza dei sentimenti irrisolti, erranti, solitari, immaginando gli spiriti espressione di ogni etnia, costretti da vincoli, armature, busti e lastre d’acciaio. L’autoscatto crea un’atmosfera unica, dove artista e soggetto si identificano e allo stesso tempo si distaccano. Mi sono ispirata molto agli autoritratti della fotografa Francesca Woodman».

L’artista ha già vinto molti awards, premi prestigiosi, negli Usa, dove ha allestito mostre in grandi gallerie e ha creato performance. Una enorme sala bianca a San Francisco è stata riempita di sale, che ha caricato anche sul piano sensoriale la forza emotiva delle foto. Emanuela Nay si e' laureata con altissimi onori in Arte Multimediale, Fotografia d'Arte e Arte Tradizionale Pittorica nell'università californiana di San Francisco e si sente molto riconoscente verso i suoi professori della Silicon Valley per essere cresciuta tanto come artista. Nonostante l’approdo alle arti multimediali, Emanuela Nay non nega il suo forte imprinting fiorentino, che deve alla formazione nell’atelier del pittore impressionista Paolo Chellini.

«In California ho sviluppato il mio stile pittorico nella direzione dell'espressionismo astratto, e la pittrice Grace Munakata mi ha insegnato a guardare oltre la forma e a trasportare sulla tela la mia anima. Ma mi sento molto legata alla tradizione pittorica fiorentina, e amo specialmente la pittura di Sergio Scatizzi – ci ha raccontato la pittrice-. Nelle sette opere che presento in mostra mi sono riferita a lui. Con la spatola, attraverso un uso del colore molto materico, ho realizzato paesaggi che ricordano le terre toscane e allo stesso tempo riprendono l’idea del global warming». La forza di quest’artista riesce a trasportare in una nuova idea di figurativo sentimenti che appartengono al nostro tempo. «L’arte è come una malattia superiore – spiega Emanuela Nay – non è raggiungibile senza una completa distruzione perché invita lo spirito al delirio e costringe gli uomini a guardarsi per come sono e a confrontarsi con i fantasmi del proprio spirito».