Addio a Chorzempa. Il grandissimo artista se n’è andato da solo. E nessuno lo cerca

Musicista di grande talento viveva in un attico in via dei Tavolini. Ora è in una cella frigorifera delle Cappelle del Commiato in attesa che qualcuno si faccia avanti. "Stanno cercando i parenti da giorni"

Il maestro Daniel Chorzempa premiato dall’Accademia delle Arti e del Disegno

Il maestro Daniel Chorzempa premiato dall’Accademia delle Arti e del Disegno

Firenze, 28 marzo 2023 - "Scusi, Daniel Walter Chorzempa?". Le lame di luce acceccanti del sole di marzo illividiscono il rosso tetro dell’atrio delle cappelle del commiato. Ma la domanda illumina l’addetto del luogo degli addii. "Venga, è una parente?". La risposta negativa non spegne del tutto la speranza del custode: "Se sa qualcosa chiami, stanno cercando i parenti da giorni...". E allunga il biglietto da visita della direzione comunale cimiteri.

Il nome Daniel Walter Chorzempa, nel grande pubblico, può non suscitare l’analogo clamore di una starlette qualsiasi: il destino di sceglie la compostezza in un mondo di esibizionismi. Il corpo di Daniel Chorzempa – che il 25 marzo si è congedato da questo mondo – è in una cella frigorifera: non reclamato da alcuno. E’ solo e freddo. Lui che ha suscitato grandi emozioni e riempito arene, platee, teatri e chiese sepolto dagli applausi, ora non può ricevere sepoltura. In attesa di qualcuno che ancora non arriva. Non ha avuto un saluto, non per lui una preghiera. Una lacrima. Eppure il genio di Daniel Chorzempa continua a dare luce alla musica.

Era un talento, di quelli rari. Come lui pochi al mondo. Chi se ne intende, lo sa. "Era una persona straordinaria, un grande musicista, con una cultura enorme in tutti i campi artistici: conservo di lui il ricordo di una persona molto speciale", dice Stefano Fiuzzi, fondatore del’accademia Cristofori.

Viveva a Firenze in un attico di via dei Tavolini: la città ai suoi piedi, i tetti sotto il suo sguardo. Riservato, frequentava il mondo musicale fiorentino d’élite e qualche professionista: medici, architetti. Li invitava anche a casa, mostrava con piacere il fortepiano e gli strumenti realizzati da grandi liutai.

Un vero cosmopolita, di origini polacche, si era formato a Minneapolis, cresciuto in Germania. Passaporto americano, ma era un cittadino del mondo. Poliglotta, parlava perfettamente otto lingue. Ma soprattutto musicista sopraffino: aveva cominciato a quattro anni col violino e il pianoforte, poi non si era fermato più tra organo, calavicembalo, clavicordo. Faceva parte dell’Accademia di Lipsia. Già da giovanissimo veniva acclamato tra i più grandi al mondo. Era anche direttore d’orchestra, docente di composizione nelle più prestigiose accademie muiscali, esperto in storia dell’arte e anche laureato in architettura. Era un orecchio assoluto: una dote non comune neppure tra i musicisti, solo uno su 50mila è in grado di identificare esattamente una nota musicale avendola ascoltata una sola volta, senza l’utilizzo di un’altra nota come riferimento.

Da molti anni aveva scelto Firenze. Perché non avrebbe potuto vivere in nessun altro posto al mondo, raccontava nelle serate a cena con gli amici. O con i conoscenti. Perché Chorzempa che amava raccontare della musica, del mondo, delle sue avventure professionali, teneva la sua vita completamente al riparo dalle chiacchiere. Celibe all’anagrafe, nessuno ha mai saputo se avesse avuto una o più persone nel suo cuore.

Concerti da tutto esaurito nel mondo. In Italia suonava pochissimo. A Firenze il maestro Alberto Batisti ricorda una superba esibizione in Santissima Annunziata. Era l’organista più amato. "Grandissimo artista con una cultura sterminata e di piacevole compagnia", dice di lui il musicologo Luciano Alberti. Tutti confermano l’essenza del solitario che però amava stare con le persone. Raccontare della sua passione per la montagna e per lo sci. Mai abbandonate.

Era un uomo bellissimo, con gli occhi di un azzurro penetrante. Sempre in cachemire.

Si è ammalato un anno fa. Riservato com’era, non ha più cercato nessuno. Ma ora è l’ufficio cincessioni cimiteriali a cercare qualche parente in tutto il mondo, augurandosi almeno che si faccia vivo un notaio con il testamento. I suoi strumenti sono rimasti senza musica. Mentre il corpo del maestro è ingabbiato in una cella frigorifera, la sua anima certamente li suonerà.

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