Morte di Duccio Dini: via al processo ai sette rom

I sette imputati in aula e i genitori di Duccio a poca distanza

Duccio Dini

Duccio Dini

Firenze, 4 luglio 2019 - I sette imputati in aula e i genitori di Duccio a poca distanza. Poi tanti amici. Un silenzio teso, prima che la campanella dell'aula bunker annunci l'ingresso della corte d'assise e dunque l'inizio del processo per l'omicidio Dini, il giovane di appena 29 anni ucciso da una delle auto del 'commando' di rom impegnati in una spedizione punitiva contro un rivale.

Era il giugno del 2018, in via Canova. Esattamente un anno dopo c'è già un processo, perché è tanta la voglia di giustizia che si legge anche per le strade di Firenze. Anche se la prima udienza è partita lenta: un fastello di richieste degli imputati per modifiche delle misure, visite mediche (una anche per l'alopecia), hanno costretto la corte a ritirarsi e decidere su queste istanze. 

Secondo la ricostruzione dell'accusa, con quella corsa ad alta velocità avvenuta su una strada della periferia di Firenze ma trafficatissima, i rom sotto accusa si sarebbero presi il rischio di far male a qualcuno. Oltre che dell'omicidio di Dini, gli imputati devono rispondere anche del tentato omicidio del 'rivale' (un altro rom con il quale era in corso un regolamento di conti per questioni familiari) e di lesioni e danni ad altri utenti della strada.

I FATTI - Il 10 giugno scorso, una domenica, Duccio Dini stava andando al lavoro ed era fermo sul suo scooter al semaforo fra viale Canova e via Simone Martini quando fu travolto da una Volvo impegnata in un inseguimento ad alta velocità, scaturito da una lite tra parenti nel parcheggio del supermercato Esselunga di via Canova. Quattro le auto coinvolte e lanciate a 100 chilometri all'ora: una Lancia Libra guidata da Antonio Mustafa, 44 anni; una Volvo su cui viaggiavano Remzi Amet, 65 anni, Remzi Mustafa, 20 anni, e Dehran Mustafa, 36 anni; una Opel Vivara a bordo della quale si trovavano Emin Gani, 27 anni, e Kole Amet, 39. Lanciate a 100 km all'ora, le auto inseguivano la Opel Zafira di Bajram Rufat, 43 anni, sposato con la figlia di Remzi Amet, ed erano riuscite più volte a speronarla finché l'utilitaria, ormai senza controllo, si era schiantata contro un palo e poi contro un albero, incendiandosi. Mentre Bajram Rufat, ferito, riusciva a mettersi in salvo, la Volvo sbandava, urtava un'auto in transito e si schiantava contro il motorino di Duccio Dini. Trasportato in coma all'ospedale fiorentino di Careggi, il giovane morì qualche ora più tardi. 

Stefano Brogioni

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