OLGA MUGNAINI
Cronaca

L’italiano delle leggi. Bacchettate dalla Crusca: "Scarsa la chiarezza"

Bambi, accademico e docente di Storia del diritto medievale e moderno a Unifi: "La lettura delle norme è sempre più difficile e il lessico è usato impropriamente"

L’italiano delle leggi, bacchettate dall'Accademia della Crusca (Foto di repertorio)

L’italiano delle leggi, bacchettate dall'Accademia della Crusca (Foto di repertorio)

Firenze, 7 aprile 2024 – "Ci sono leggi recenti, e meno, che sono scritte bene, ma in genere la loro qualità di scrittura e di chiarezza è bassa".

Il linguaggio giuridico è il suo mestiere, e sa bene che non ci si può esimere dal gergo tecnico. Ma da lì a scrivere in modo da non far capire niente alle persone ce ne passa. E non va bene. Federigo Bambi è professore di storia del diritto medievale e moderno alla facoltà di Scienze giuridiche dell’Università di Firenze. Ma è anche un cruscante, membro del Comitato di direzione e redattore della rivista dell’Accademia della Crusca Studi di lessicografia italiana.

Così, affrontando il tema del mese dal titolo Una lingua davvero per tutti, il professor Bambi ha invitato in primis i suoi colleghi giuristi, a una riflessione sulla pratica della scrittura del diritto. Con diverse tirate d’orecchi, se pur garbate.

Professor Bambi, partiamo dai difetti, per non dire dall’incomprensibilità, del linguaggio giuridico.

"È stato mostrato molto di recente che oggi le nostre leggi risentono di difetti simili a quelli che caratterizzano la lingua del diritto, e la loro lettura è sempre più difficile: gli articoli sono lunghi e troppo densi di contenuti, le rubriche non indicano con appropriatezza quanto la norma stabilisce. Anche le frasi sono lunghe, il lessico è spesso usato impropriamente. Per non dire poi degli eccessivi rinvii e riferimenti ad altre norme".

Da qui l’invito a essere più comprensibili per tutti.

"Sì, è l’indicazione di una strada da seguire per essere più chiari. E guardi che chi lo dice è un giurista. Ma a volte entrando in un’aula di giurisprudenza ci si domanda: ma qui, che lingua si parla? Perché ci si rende subito conto che talvolta la nostra è diversa da quella del cittadino comune".

Nel suo articolo pubblicato nel sito della Crusca, fa alcuni esempi per spiegare come nel passato si riuscisse ad essere più limpidi di oggi.

"C’è un avviso al pubblico di Prato del 1287, dove un banditore va a proclamare che in un certo giorno certi eredi si presenteranno di fronte al podestà per accettare con beneficio d’inventario una certa eredità, dicendo che chi ha qualcosa da pretendere da quel patrimonio ereditario si faccia avanti. Bene, era scritto in modo che davvero tutti potessero capire. Mi domando: oggi è lo stesso di fronte a certi atti, vedendo come vengono espressi alcuni concetti?"

Ma qualcosa non sta forse migliorando anche nel linguaggio della burocrazia in generale?

"Un po’ sì, viene posta maggiore cura, ma non troppa. Attenzione, non voglio però banalizzare, perché lo so bene che la lingua del diritto è tecnica e che certi termini vanno usati per chiarezza, ma ciò non vuol dire che si debba esagerare".

Lei ci ricorda invece che la nostra Costituzione è stata scritta talmente bene, che da subito fu comprensibile al 40% della popolazione.

"Fu un obiettivo che i costituenti, di tutte le parti politiche, si posero fin dall’inizio. C’è un bellissimo intervento di Togliatti che dice: “La nostra Costituzione deve essere compresa dal pastore sardo, dall’impiegato d’ordine e dalla casalinga“".

E poi cita anche l’articolo 3, sul rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza.

"Se vede, in quell’articolo si parla di cittadini, persone e lavoratori. Ognuna di queste parole è espressione di una diversa ideologie: cittadino l’ideologia liberale, la persona quella cattolica e lavoratori di tutta la sinistra. E’ sì un compromesso, raggiunto a fatica, ma risolto in maniera eccellente dal punto di vista linguistico. Oltre chiaramente ai contenuti dell’articolo 3, dove si introduce il principio dell’uguaglianza sostanziale e non solo formale".

A chi è rivolto il suo invito per una maggiore chiarezza?

"A tutto l’universo dei giuristi: avvocati, notai, magistrati, legislatori, ricordando che svolgono un’importante funzione di mediazione culturale e linguistica. Lo so che non si può semplificare tutto, ma la loro abilità deve essere proprio quella di esprimere un ragionamento complesso in un linguaggio più chiaro possibile".