
Il convegno di ieri nel salone dei Cinquecento: tra i partecipanti anche il procuratore Tescaroli
di Stefano BrogioniFIRENZETrenta indizi contro Marcello Dell’Utri: l’avvocato dell’associazione tra i familiari delle vittime dei Georgofili, Danilo Ammannato, snocciola punto per punto gli elementi disseminati tre le indagini e i processi tra la Sicilia, Reggio Calabria e Firenze che dovrebbero suggerire la richiesta di processare l’ex braccio destro di Silvio Berlusconi.
E’ una memoria da depositare in procura, anzi un messaggio diretto senza tanti preamboli alla Dda del capoluogo toscano, che nel cosiddetto filone dei mandanti esterni per gli attentati di stampo mafioso del 1993. Si tratta di un fascicolo aperto ormai da diversi mesi - che fino alla sua morte ha visto presente anche il nome dell’imprenditore - e che ogni giorno potrebbe essere definito dalla procura che lo ha aperto, chiuso e riaperto dall’ormai lontano 2017, in seguito alle conversazioni del boss mafioso Giuseppe Graviano, captato mentre parlava in carcere con il compagno di cella Umberto Adinolfi, di una "bella cosa": le stragi, compresa la bomba che esattamente trentadue anni fa in via dei Georgofili fece cinque vittime e danni irreparabili al patrimonio artistico degli Uffizi. "Si sa tutto ma non si può dire", chiosa polemico Ammannato, prima di intervenire al convegno che si è tenuto ieri nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio dal titolo “Aspettando ancora verità e giustizia“.
L’inchiesta principale della procura di Firenze risulta aperta. Ma le scadenze dei termini incombono. "Il nostro obiettivo, anche in questo anniversario, è quello di rendere contemporanea la memoria ribadendo la richiesta che sia fatta piena verità e giustizia per i fatti di quella tragica stagione del nostro paese", ha detto Luigi Dainelli, il presidente che ha raccolto il testimone dopo la scomparsa di Giovanna Maggiani Chelli.
"Chiediamo che venga conclusa perché, rimanendo la situazione attuale, rischiamo semplicemente di trovarci con delle archiviazioni", fa eco il vicepresidente Daniele Gabbrielli. L’inchiesta, ha ricordato il vicepresidente dell’associazione, "ha perso lo scorso anno due magistrati validissimi e molto esperti che ne erano la memoria storica e le colonne portanti", ossia Luca Turco e Luca Tescaroli, andati l’uno in pensione e l’altro a guidare la procura di Prato.
Proprio Tescaroli, intervenendo a Palazzo Vecchio, ha parlato anche del clima che ha accompagnato le inchieste a cui ha partecipato. "La procura di Firenze è stata oggetto purtroppo di attacchi istituzionali e mediatici ad ogni livello: debbo dire che in questi 30 anni non avevo mai assistito ad attacchi di questo tipo, che quindi posso definire senza precedenti. Mi sono occupato di stragi per più di 11 anni e mezzo: nella mia attività professionale tutto ciò non mi era mai accaduto, sebbene fossimo impegnati in doverosi approfondimenti, il che ha reso più difficoltoso, ma non ha certo impedito, il cammino diretto alla ricerca della verità".
Ieri a Firenze anche Paolo Bolognesi, rappresentante dei familiari delle vittime della strage di Bologna e membro del coordinamento che va da piazza della Loggia al tritolo di Cosa nostra. Un eccidio avvenuto tredici anni prima di quello dei Georgofili ma che oggi è unito non solo dal dolore, ma pure da un lungo e trasversale disegno eversivo che avrebbe avuto in Paolo Bellini, condannato in due gradi di giudizio per la strage del 2 agosto 1980, uno dei suoi attori. "Terroristi, bombaroli, neofascisti, mafia. Da quando gli archivi sono diventati digitali è stato più semplice individuare quel filo unico", ha detto Bolognesi.