
Il nuovo Papa, Francis Prevost, con padre Pagano a Firenze. A destra, uno scatto che ritrae i due amici (quello cerchiato in rosso è Prevost) durante un raduno di agostiniani «per la pace»
Padre Giuseppe e l’amico Papa. Sembra il titolo di un edificante apologo sulla fede. Invece è la realtà. Giuseppe Pagano, 65 anni, priore della comunità agostiniana di Santo Spirito a Firenze, è stato compagno di studi di Robert Francis Prevost, 70 anni a settembre, primo Papa nordamericano della storia, anche lui padre agostiniano. I due confratelli sono amici dal 1983.
Padre Giuseppe, quando vi siete sentiti l’ultima volta? "Per messaggio, poche ore prima che entrasse in Conclave, con toni scherzosi e d’incoraggiamento. A voce, per telefono, nei giorni delle Congregazioni generali".
Cosa vi siete detti? "È stato un dialogo intimo, che preferisco tenere per me e conservare fra i ricordi più belli. Ma qualcosa posso dire".
Prego "Mi ha fatto capire che la Chiesa stava andando nella direzione confermata dalla scelta dei fratelli cardinali riuniti nella Sistina".
Le ha confidato che pensava di essere eletto? "No, no, ci mancherebbe. Ma la scelta è caduta su una persona di grande equilibrio, che intende la pace come un obiettivo da raggiungere a tutti i costi. Non a caso ha deciso di chiamarsi Leone XIV, successore del Papa della Rerum Novarum, che ha enunciato i fondamenti della dottrina sociale della Chiesa. Da Papa adesso mi aspetto un approccio missionario, capace di costruire ponti e non alzare muri, fino a ritrovare la piena unità della Chiesa".
Che sogni avevate da studenti? "Quello di una Chiesa più semplice, ancora più vicina alla gente. Con meno orpelli e questo valeva anche per il nostro Ordine".
Fra amici ci si dà del tu, giusto? "Certo, certo. Ci conosciamo da più di quarant’anni. Siamo stati insieme al Collegio internazionale agostiniano Santa Monica. Io, nell’83, ero studente in teologia, lui era già stato ordinato sacerdote e stava completando gli studi in diritto canonico. Abbiamo legato subito: il nostro è sempre stato un rapporto schietto, a volte rude, soprattutto per la mia cocciutaggine. Anche quando è diventato priore generale".
Che persona è Robert Francis nel privato? "Per me un amico caro: serio, ma anche di grande compagnia. E sempre disponibile, generoso".
C’è un ricordo in particolare che lo lega al Santo Padre? "Tanti, alcuni lontani nel tempo. Altri molto intimi, come quando ha celebrato il matrimonio di mia sorella Rita. Lo ricordo durante un bellissimo pellegrinaggio in Umbria e durante un viaggio negli Stati Uniti, quando siamo andati in auto da Washington a Chicago. Ha guidato sempre lui. È uno sportivo, appassionato di nuoto - a tale proposito non ci siamo fatti mancare parecchi bagni nei laghi dell’Illinois - e di calcio. Tifoso della Roma, nella fattispecie “La vittoria della Roma è il primo miracolo di Francesco dopo la morte“ mi ha detto dopo l’1-0 alla Fiorentina".
E adesso? "Sogno che possa tornare un giorno a Santo Spirito. Lo aspettiamo".