Quando muore un genitore: la forza commovente delle parole

La posta del cuore di Marco Vichi

La posta del cuore di Marco Vichi

La posta del cuore di Marco Vichi

Firenze, 14 gennaio 2022 - Ecco una lettera nell'ambito della posta del cuore di Marco Vichi. Scrivete un whatsapp al 3387961778.

Caro Marco, ho più passato che futuro e mi piacerebbe scrivere un libro dal titolo "La mia vita" per ripercorrere tutto il passato. Infanzia felice, sposata senza figli con un uomo meraviglioso, abbiamo un matrimonio part-time che mi ha permesso di occuparmi dei miei genitori. L’unica cosa che non ho superato è il trauma della loro morte. Mio padre ci ha lasciati a 82 anni e io e mia madre siamo entrati in simbiosi. Io sono diventata il marito e lei la figlia mai avuta. Sono stata talmente bene che al momento della sua perdita sono sprofondata in un abisso in cui e nemmeno le attenzioni di mio marito riescono a lenire il dolore. Essendo lui 8 anni più grande di me, mi è venuta la paura di perderlo. Lo so che è la vita, ma è dura passare dalle stelle alle stalle.

Assunta

Capisco bene i suoi sentimenti. Come si dice: "ci sono passato anche io". Non è facile dire qualcosa di sensato sulla morte, sull’ansia che può generare il pensiero della nostra inevitabile fine, sul senso di vuoto che si apre dentro di noi quando una persona cara se ne va. Nella nostra cultura, chiamiamola occidentale, fuori dalla religione manca un "discorso sulla morte", che per noi è soltanto dolore e orrore.

E in certo senso ci appare, citando Elias Canetti, inaccettabile (tra l’altro questo grande scrittore e pensatore del ’900, premio Nobel, ha scritto un piccolo grande libro dal titolo ’Potere e sopravvivenza’, dove tratta in modo sorprendente il tema della morte, appunto). Dobbiamo fare i conti con la nostra formazione, che non ci abitua a considerare quell’aspetto della vita con altri occhi.

Sento nelle mie orecchie la poesia di un giovane poeta abruzzese, Clemente di Leo: "Educate i bimbi alla morte. È irreale l’unica cosa vera ma lì scoppiano i colori della vita da lì ogni uomo è un atleta". In questo smarrimento, sono solo le parole a venirci un po’ in aiuto, facendoci riflettere, commuovere, e a volte anche sorridere. Quando muore qualcuno a cui volevo bene, ripenso sempre a una frase di Seneca che ho letto a 25 anni e non ho mai più dimenticato: "Non pensare a ciò che hai perduto, pensa a ciò che hai avuto".

Invece sorrido alle parole di William Saroyan, scrittore di origine armena, nato a Fresno in California, che inviò a un giornale il proprio necrologio: "Naturalmente sapevo che gli uomini muoiono, ma pensavo che per me avrebbero fatto un’eccezione. E adesso?"

 

 

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