La ricerca di Kata e l’analisi degli smartphone. Dal giallo del riscatto ai rapporti in carcere

Nei telefoni sequestrati alla famiglia della bambina i carabinieri cercano il "non detto". Verifiche anche sui rapporti in cella del padre. Le memorie scandagliate in più lingue

Firenze, 8 agosto 2023 – C’è un sottobosco di indagini parallele, iniziative, bluff o strategie che la mamma e in particolare il padre della piccola Kata, scomparsa dal 10 giugno scorso, avrebbero messo in atto per ritrovare o ottenere informazioni della figlia.

E non tutte sarebbero state riferite all’autorità giudiziaria, nonostante gli incontri, sia con i carabinieri che con i magistrati titolari dell’inchiesta per sequestro di persona della bimba di cinque anni, siano stati molteplici. E’ da qui, si apprende da fonti investigative, che nasce l’esigenza di acquisire un punto d’osservazione “dietro le quinte“, più genuino possibile, costituito appunto dal sequestro degli smartphone di Katherine Alvarez Vasquez, Miguel Angel Romero Chicllo. Quest’ultimo, era ristretto a Sollicciano quando Kata è sparita. E l’aspetto dei rapporti, non sempre idilliaci, fra detenuti, è uno dei fronti oggetto d’approfondimento.

I rapporti in carcere. Nello stesso periodo in cui Chicclo era detenuto, ad esempio, nel penitenziario di via Minervini c’erano alcuni componenti della famiglia Salinas Mena. Manuel, 62 anni, è uno dei quattro arrestati di sabato mattina: con lo zio di Kata, Abel detto Dominique, il capo occupazione Carlos, e il connazionale Nicolas Lenes Aucacusi (e altre dieci persone rimaste ignote), avrebbe partecipato alle violenze del 28 maggio culminate nel tentativo di omicidio dell’ecuadoregno Santiago Manuel Medina. Forse, quando Miguel Angel ammicca a "qualcuno che potrebbe sapere" tra i quattro fermati, pensa a lui. La famiglia non vuole pensare a implicazioni dello zio, ma anche il telefono di Abel sarà scandagliato in ogni suo angolo della memoria alla ricerca di qualcosa di “non detto“.

Giallo riscatto. Ci sono poi alcune stranezze oggetto di approfondimento. A metà luglio, ad esempio, i genitori hanno parlato con qualcuno della comunità peruviana dell’arrivo di una richiesta di riscatto. Tale informazione non è però giunta all’autorità giudiziaria. Era vera e l’hanno taciuta? E se sì, perché? Oppure è stata inventata con lo scopo di mettere in moto qualcosa? Il padre di Kata non è nuovo a iniziative “in proprio“. Appena scarcerato, dopo aver incontrato il magistrato (al quale, in un’occasione, ha ventilato anche che sua figlia potesse essere stato oggetto di uno scambio di persona), Chicclo si recò personalmente in un accampamento di nomadi per ottenere informazioni. E rumena era anche l’altra fetta dell’occupazione dell’Astor. Solo che gli equilibri non tornano, perché a leggere le carte relative alla misure appena eseguite, i rumeni erano "alleati" della banda di Carlos e dello . E avrebbero fatto fronte comune per allontanare i peruviani indisciplinati che, bevendo, ubriacandosi e ascoltando la musica ad alto volume, avrebbero infastidito gli altri occupanti. Questa è anche una parte della linea difensiva che almeno Carlos e Abel, assistiti dall’avvocato Elisa Baldocci, intendono consegnare al gip Angelo Antonio Pezzuti domani, giornata degli interrogatori di garanzia.

Le parole chiave. Intanto, i carabinieri stanno frugando nei telefoni sequestrati ai familiari di Kata. Cercano tra i messaggi social o nelle chat whatsapp utilizzando parole chiave prestabilite, in italiano e in spagnolo. A cominciare da un nome, che manca ormai da quasi due mesi: Kataleya. A settembre, poi, non è escluso un nuovo accesso all’Astor: potrebbe rivelarsi necessario per cercare riscontri ad alcune testimonianze o cercarci ancora.

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