BARBARA BERTI
Cronaca

"Io non so chi sei" sbarca a Rifredi. Pastore indaga sull’animo umano

Da oggi al 13 la divertente commedia musicale per la regia di Angelo Savelli. Humor e delicatezza. Storie d’amore omossessuale per abbattere i luoghi comuni e cercare di scalfire gli stereotipi.

"Io non so chi sei" sbarca a Rifredi. Pastore indaga sull’animo umano

"Sono storie quotidiane di affetti e relazioni, che ci fanno tutti uguali nella diversità e tutti diversi nell’affrontare uguali problemi". Parola di Giancarlo Pastore, autore del libro "Io non so chi sei" da cui è tratto l’omonimo spettacolo teatrale che da oggi al 13 aprile torna al Teatro di Rifredi. La divertente commedia musicale, per la regia di Angelo Savelli, ha come protagonisti Alessandro Riccio e Nicola Pecci, accompagnati da Samuele Picchi e al pianoforte da Federico Ciompi. In scena tre storie quotidiane di affetti e relazioni, tutte al maschile.

"Io non ti conosco, io non so chi sei": chi è Giancarlo Pastore?

"La domanda è di quelle difficili. La prima cosa che mi viene in mente è che Giancarlo è un uomo che dalla vita ha avuto molto più di ciò che si aspettava e che di conseguenza cerca di vivere con gratitudine e consapevolezza. È anche un tipo dall’apparenza tranquilla, che sembra magari equilibrato, sicuro di sé - cosa anche vera - ma che ha dentro un intero condominio di voci a cui badare, e come succede nelle assemblee, a volte non tutte sono simpatiche o gradevoli".

Il suo romanzo racconta nove storie d’amore omosessuale: come nasce il libro?

"La prima edizione del libro è uscita nel 2009, i racconti sono stati scritti negli anni precedenti. Li ho scritti con la volontà di rompere gli stereotipi o almeno cercare di farlo e di affrontare l’argomento omofobia, anche l’omofobia interiorizzata, proponendo personaggi non unidimensionali – l’appiattimento è uno dei problemi degli stereotipi – e per quanto possibile complessi e contraddittori come ogni essere umano. Era un momento in cui si parlava parecchio di questi argomenti, cioè di omofobia, mi sembrava ci fosse più voglia in generale di intervenire, di cambiare le cose, e in cui purtroppo molto spesso si leggeva di episodi di discriminazione, di violenza, a volte con esiti anche tragici".

A cosa di è ispirato?

"Uno dei racconti trae ispirazione direttamente dal suicidio di un ragazzino bullizzato, avvenuto nella mia città d’origine, Torino, una storia che mi aveva colpito parecchio; un altro invece si rifà alle teorie riparative di Nicolosi, un tipo che pensava che gli omosessuali dovessero essere ‘riparati’ e proponeva corsi per farli rientrare nella ‘normalità’. A quasi quindici anni di distanza temo che troverei nella cronaca altrettanti spunti, se non di più".

Che caratteristiche hanno le tre storie dello spettacolo?

"Leggerezza e ironia, unite a una certa dose di profondità".

In tutti i casi si tratta di storie di ordinaria vita gay: in Italia come è la situazione per le coppie omosessuali?

"I racconti scavano in esistenze ordinarie, nella quotidianità dei rapporti d’amore, d’amicizia, di

dinamiche famigliari. Ho lasciato l’Italia nel 2010, dopo un breve periodo negli Usa ora vivo in Belgio dove 11 anni fa ho potuto sposare l’uomo con cui già allora vivevo da più di dieci anni. Si è trattato di un vero e proprio matrimonio, non di un’unione civile di rango inferiore. Ho sempre sostenuto che le unioni civili siano delle forme di omofobia istituzionalizzata. L’Italia è rimasta l’unico Paese europeo, insieme a quelli dell’ex blocco comunista, a non avere il matrimonio egualitario. La discriminazione generalizzata, quando viene dall’alto, ha effetti a valanga sulla vita dei singoli, e a farne le spese sono i più deboli. Penso a ragazze e ragazzi giovanissimi rifiutati dalle proprie famiglie, e che là dove dovrebbero trovare amore, accettazione e incoraggiamento trovano invece il riflesso di una società ostile, se non carica di odio".

Quanto gli stereotipi incidono nella vita quotidiana?

"Sono scorciatoie del pensiero, evitano lo sforzo di riflettere, mettono la gente in una posizione di comodo, per questo sono così difficili da scalfire. Assicurare a una minoranza gli stessi diritti di tutti, o proteggerla con strumenti adeguati dagli attacchi motivati dall’odio, arricchisce la comunità intera e non toglie niente a nessuno. Mi sembra manchi questa consapevolezza".