
Mario Piccioli
Firenze, 18 agosto 2025 – Sono passati quindici anni dalla scomparsa di Mario Piccioli, ultimo deportato politico ad aver guidato la sezione fiorentina dell’Aned. Figura simbolica della Resistenza e della Memoria, la sua testimonianza ha segnato la coscienza civile di intere generazioni. Nato a Firenze, nel quartiere di San Frediano, il 2 giugno 1926, Mario viveva con la famiglia e lavorava come commesso in una pizzicheria. L’8 marzo 1944, durante lo sciopero generale, fu arrestato da un agente in borghese mentre cercava di avere notizie della madre, fermata dai fascisti e detenuta alle Scuole Leopoldine. Quella stessa sera fu deportato in treno verso Mauthausen, dove arrivò l’11 marzo, registrato con il numero di matricola 57344. Nei mesi successivi fu trasferito nei sottocampi di Ebensee, poi a Linz III, passando anche da Mauthausen e dalle sue infermerie, debilitato da infezioni, fame, violenze e infine ferito durante un bombardamento. Venne liberato a Linz il 5 maggio 1945 dai soldati americani, ridotto a 31 chili. Fece ritorno a Firenze il 23 giugno, segnato nel corpo ma con lo spirito intatto. Come si legge in una nota Piccioli “scelse di non cedere all’odio o alla vendetta, ma di dedicarsi alla testimonianza, alla memoria attiva e all’impegno civile. Riprese a lavorare – prima in una cartiera, poi, dal 1963, presso la Provincia di Firenze – e parallelamente si dedicò instancabilmente all’attività con l’Aned, fino a diventarne presidente nel gennaio 2009. Per decenni ha raccontato la sua storia con voce semplice e ferma, nelle scuole, nelle Istituzioni, nei luoghi pubblici.
Ma soprattutto ha accompagnato centinaia di giovani nei Viaggi della Memoria: vere esperienze trasformative nei luoghi della deportazione – Mauthausen, Ebensee, Gusen, Linz – dove la sua presenza, accanto ai forni crematori e alle baracche dei prigionieri, diventava testimonianza viva e insostituibile”. Ripeteva spesso di “non parlare per commuovere, ma perché nessuno possa dire: io non sapevo”. Una frase che racchiudeva tutta la lucidità e l’impegno del suo modo di raccontare l’orrore. Nel 2009, fu tra i promotori e firmatari del Patto di Fratellanza tra Firenze e Mauthausen, un legame ancora oggi vivo tra le due città, fatto di stima, progetti condivisi, memoria comune e responsabilità istituzionale. Non fu una cerimonia, ma l’espressione coerente di un impegno che aveva attraversato tutta la sua vita. “Mario Piccioli ha lasciato un’impronta profonda nella storia della nostra Sezione e della Città”, ha dichiarato Lorenzo Tombelli, presidente Aned Firenze. “Il suo modo di testimoniare, con sobrietà e fermezza, ha formato generazioni di giovani e militanti antifascisti. Ricordarlo a quindici anni dalla sua scomparsa – ha concluso Tombelli – è un dovere di memoria e un atto di continuità: il suo esempio resta parte viva del nostro presente”.