di Olga Mugnaini
"Faccio del mio meglio per raccontare storie che siano vive". E lo ha fatto anche con il suo ultimo film “Io capitano”, che alla Mostra del Cinema di Venezia si è aggiudicato il Leone d’Argento per la miglior regia.
Dopo il trionfo al Lido, Matteo Garrone martedì sarà a Firenze, per incontrare il pubblico in tre cinema, per vedere il film e poi parlare di questo lavoro, toccante, attuale e girato in maniera magistrale. Con lui ci saranno i due protagonisti, i giovani senegalesi, Seydou Sarr (che al Lido si è aggiudicato il Premio Marcello Mastroianni) e Moussa Fall (nella foto col regista). Il primo appuntamento è al Cinema Fiorella alle 18.30, con intervento di Garrone al termine dello spettacolo delle 16.30, introdotto da Elisabetta Vagaggini. Il secondo incontro è alle 19.30 al Cinema Principe, mentre alle 21.30 al Chiardiluna. Ingresso a 3,50 euro. Prevendite aperte.
E anche in quest’ultimo capolavoro del regista romano, c’è la Toscana, intesa come ispirazione collodiana. Dopo il “Pinocchio” con Roberto Benigni, è ancora l’illusione di un mondo facile, dove tutto è a portata di mano senza sudare, a guidare il racconto di due ragazzi che fuggono da Dakar, dove sono poveri ma non disperati, per inseguire il sogno di un’Europa e un’Italia tutta ricchezza facile, dove si diventa rapper e calciatori milionari dalla sera alla mattina. "Racconto una storia etica, un’ansia di giustizia, un piano diverso dalla politica e dalle sue polemiche - spiega Garrone -. Volevo mostrare la parte del viaggio dei migranti che di solito non si conosce, non si vede, cambiare l’angolazione, una sorta di controcampo, puntata dall’Africa verso l’Europa e raccontare in soggettiva l’esperienza di questi giovani con tutti i vari stati d’animo, gioia e disperazione".
Lontano dalle polemiche sugli sbarchi, il regista invita a una riflessione con al centro il tema della giustizia sociale: "Questi ragazzi sono un simbolo della loro generazione globalizzata, parte di una migrazione che non è solo quella della fuga dalle guerre e dalle catastrofi climatiche. Il 70% degli africani sono giovani - conclude - e hanno il legittimo desiderio di migliorare la loro vita, essere liberi di circolare così come io da ragazzo volevo andare in America. E’ un fatto di giustizia: perché ai loro coetanei europei è permesso andare in vacanza in Senegal in aereo e loro al contrario devono affrontare un viaggio della speranza senza sapere se arriveranno vivi? C’è un tema di libertà, di libertà di circolazione e di giustizia e questo va al di là della politica sui migranti in Europa".