di Manuela Plastina
Il Covid ha lasciato segni profondi su chi l’ha vissuto sulla propria pelle, rischiando la vita e finendo in terapia intensiva, ma anche su chi ha perso un proprio caro senza potergli stare vicino nelle ultime tragiche ore di vita. I traumi sono tanti, visibili e invisibili. Gli infermieri e i medici di Ponte a Niccheri, ospedale da subito in prima linea nell’emergenza, hanno voluto incontrare parenti e pazienti sopravvissuti al Covid. "Abbiamo ricevuto migliaia di telefonate – racconta Vittorio Pavoni, direttore della terapia intensiva del Santa Maria Annunziata – di parenti che ci chiedevano gli ultimi momenti di vita dei loro cari, chi c’era con loro, se avevano ricevuto attenzioni. Due infermiere del reparto col coordinatore hanno raccolto queste telefonate ed hanno ricontattato le famiglie. Così è nata l’idea di parlare ai familiari in presenza, appena è stato possibile". L’incontro è stato toccante, con le testimonianze degli operatori sanitari che hanno raccontato quei giorni terribili. Anche i pazienti clinicamente guariti usciti dalla terapia intensiva di Ponte a Niccheri tornano in ospedale: per loro il percorso clinico continua nell’ambulatorio di follow up. Almeno un centinaio di pazienti ha patologie post Covid che vanno dai disturbi piscologici ai problemi respiratori e cardiologici, dalla debolezza muscolare per l’allettamento prolungato ai disturbi causati da una degenza in terapia intensiva. Anche un anno dopo la guarigione, alcuni continuano a presentare sintomi, più moderati, ma persistenti. Si occupano di questi pazienti tre medici della terapia intensiva insieme ad alcuni infermieri dell’ambulatorio.