EMANUELE BALDI
Cronaca

In ferie per fare i volontari: "Quando caddi nel fango. Berlinguer mi tese la mano"

Le feste dell’Unità ai tempi del Pci nei ricordi dell’ex senatrice Tea Albini "Eravamo in centinaia, io cucinavo i bomboloni fritti e puzzavo per giorni...".

Folla durante il comizio di Massimo D’Alema nel 2008 alla Festa dell’Unità al parco delle Cascine

Folla durante il comizio di Massimo D’Alema nel 2008 alla Festa dell’Unità al parco delle Cascine

"Le feste dell’Unità ai miei tempi? Ma via, che le racconto... Era un altro mondo". La ’Tea’ Albini, già senatrice, midollo rosso fuoco fin da ragazzina, riavvolge per noi i nastri della memoria analogica delle adunate berlingueriane che furono, fatte di ciclostili, tortelli e vino rosso e di quell’impegno che "ci si metteva perché ci si credeva".

Albini, a Fiesole niente festa dopo 52 anni. Che è successo?

"Banalmente mancano i volontari. Tenere in piedi una festa come quella per un mese intero significa sacrificio e soprattutto disponibilità. Ci vuole gente".

Che a quanto pare scarseggia...

"Le feste nascono all’interno delle organizzazioni di partito. Oggi ci sono sempre meno iscritti, a sinistra come altrove. E quindi si fa molta più fatica".

E ai suoi tempi?

"Ai miei tempi? Si prendeva le ferie per fare volontariato... Ma è un mondo che non esiste più, quel partito non esiste più. Inutile parlarne".

Perchè? Parliamone invece. La sua prima festa?

"Alle feste dell’Unità ci vado da quando sono nata. La prima direi a Settignano dove a quel tempo se ne organizzavano addirittura tre... pensi lei".

Era così rossa Settignano?

"Al tempo sì. Parlo di fine anni’40, degli anni’50. C’era ancora la sezione in paese. Poi più avanti la festa fu accorpata con Coverciano".

E la prima festa da volontaria?

"Alla fine degli anni Sessanta. Alla festa provinciale ricordo che ero allo stand dei bomboloni fritti. Poi mi puzzavano i vestiti per giorni. Ancora oggi non riesco più a mangiarli (ride ndr).

Eravate tanti?

"Eravamo centinaia. Ma vede, non era un sacrificio, ci faceva piacere. Perché la festa faceva parte di qualcosa di molto più grande. Le attività di partito consistevano nel fare, durante l’anno, ogni genere di attività. Ai seggi facevamo gli scrutatori, o i rappresentanti di lista. Alle feste poi venivano i compagni dei sindacati. Insomma c’era un progetto comune di cui tutti quanti sentivamo di far parte".

C’era anche il suo grande amico Graziano Cioni?

"Certo, ma lui faceva il servizio di sicurezza. In cucina non l’ho mai visto vai, non faceva per lui...".

Altri ricordi.

"Le delegazioni dei partiti dell’est. C’era anche il ristorante di cucina ungherese".

E come comunicavate?

"Mah, a gesti. E comunque ci si capiva, dai. Bastava mettere i piatti in tavola per il gulash. Un ricordo particolare è la festa del 1975 alle Cascine, quando venne Berlinguer".

Racconti.

"In quei giorni era piovuto tantissimo. A un certo punto un compagno dice così al megafono: “E’ arrivato il compagno Berlinguer e passerà dagli stand a salutare i compagni“. Solo che davanti al nostro c’era una pozzanghera enorme".

E lei cosa fece?

"Corsi a prendere un asse di legno ma appena tornata inciampai nella mota. Arrivò Berlinguer e io mi misi in disparte perché ero ricoperta di fango. Lui mi vide e mi chiese ’Che è successo?’. ’Sono volata nel fango’. ’E brava compagna’ rispose. E mi diede la mano...".