Vichi
Non era vero, no non era vero per niente che i sensi di colpa capaci di logorare la coscienza riguardano faccende importanti, grandi ingiustizie commesse…
No, non era vero. Giovanni lo stava scoprendo a proprie spese. Una piccola cosa, un episodio successo almeno dieci anni prima continuava a tormentarlo, soprattutto perché aveva agito in un modo del tutto contrario al suo modo di fare, ai suoi principi, si poteva addirittura dire: contrario alla sua visione della vita. Ecco cos’era successo…
Lucca, un parcheggio all’interno delle mura con pochi posti e quasi sempre alcune macchine in attesa. Quella mattina Giovanni aveva un appuntamento, era un po’ in ansia, rischiava di arrivare tardi e non voleva. Si era messo in coda dietro a una macchina, l’ora del suo appuntamento si stava avvicinando e lui era sempre più ansioso. Non che fosse un appuntamento da cambiargli la vita, però era importante e voleva arrivare in orario.
A un certo punto dietro di lui si era liberato un posto, lui aveva fatto retromarcia e ci si era infilato dentro con il sollievo di chi si siede dopo essere stato in piedi per un sacco di tempo… ma dalla macchina in attesa davanti alla sua era scesa una signora allargando le braccia, e quando era andato a pagare alla macchinetta, lei si era avvicinata.
"Ha visto bene che ero arrivata prima di lei…" aveva detto, con aria offesa.
"Devo andare" aveva detto lui sbrigativo, con lo sguardo truce.
Nemmeno in quel momento gli piaceva quello che stava facendo, ma aveva in mente quel cavolo di appuntamento e non vedeva altro. La signora lo aveva rincorso e gli si era parata davanti, umiliata…
"Lei è un arrogante" gli aveva detto, con piena ragione. Giovanni aveva scartato di lato scavalcando la donna e affrettando il passo, lasciandola a borbottare le proprie sacrosante ragioni, e si era allontanato lungo la strada verso l’appuntamento, ma non si sentiva a posto.
Aveva rubato il parcheggio a una signora che forse aveva la stessa fretta sua, magari per una cosa ancora più importante. Non aveva mai fatto una cosa del genere, mai nella vita, e per quelli che si comportavano in quel modo provava un profondo disprezzo. Se poco prima qualcuno gli avesse detto che lui avrebbe fatto una cosa del genere, avrebbe scosso il capo dicendo che non era possibile… e invece lo aveva fatto, porca miseria, aveva fatto qualcosa che aveva sempre condannato negli altri. Mentre si avvicinava al suo appuntamento, senza voltarsi a guardare la vittima del suo sopruso, era leggermente arrossito, poi aveva continuato cercando di giustificarsi…
"Avevo molta fretta… Magari quella donna non ha niente da fare… Insomma non è poi così grave, può capitare, ma sì, può capitare a tutti, anche alle persone più corrette e gentili…"
E anche il giorno dopo aveva continuato con quei pensieri, stringendo i denti. Ma niente da fare, una fiammella si era accesa nella sua coscienza e aveva continuato a bruciare, a bruciare… Ogni volta che gli tornava in mente, arrossiva come se avesse commesso quel sopruso un secondo prima. Nelle settimane, nei mesi, negli anni, quel senso di colpa si era ingigantito, gli friggeva nella coscienza… Lui non era mai stato così, né prima né dopo quel giorno.
Era davvero incredibile che avesse fatto una cosa del genere, rivedeva quel suo gesto da fuori e si disprezzava, si condannava… Era caduto in una trappola, la peggiore di tutte: trovarsi a fare quello che aveva sempre detestato, un sopruso. Non importava che in confronto a quei soprusi terribili e violenti di cui era disseminata la storia umana fosse una cosa da poco, il batterio era lo stesso, era soltanto una questione di dosi…
Lui si era comportato da fascista, da nazista, e non pensava di esagerare. Non avrebbe dovuto comportarsi così, non aveva scuse, non poteva essere assolto, perlomeno non da se stesso. Oltre a questo, gli bruciava che quella donna lo avrebbe ovviamente ricordato come un arrogante che viveva sempre in quel modo, non poteva sapere che il furto di quel parcheggio era stata un’eccezione. E sapersi visto come non era, gli pesava come poche altre cose. Avrebbe voluto tornare indietro per non fare quello che aveva fatto, ma non si poteva. A volte, la sera nel dormiveglia, o la mattina appena si svegliava, riviveva quei momenti lucchesi e immaginava di incontrare quella donna, di essere riconosciuto e di essere apostrofato… Ma finalmente avrebbe potuto chiederle scusa. Chissà, forse un giorno sarebbe successo. Ci sperava, ci sperava davvero…