MARIANNA GRAZI
Cronaca

Il teatro povero che resiste alle mode: "La nostra Monticchiello del 2059"

La Val d’Orica fa da sfondo al sipario che sale questo sabato con l’autodramma “La casa silente“ .

I cittadini attori del teatro povero di Monticchiello, il cui palco sarà pronto sabato 26 con l’autodramma «La casa silente»

I cittadini attori del teatro povero di Monticchiello, il cui palco sarà pronto sabato 26 con l’autodramma «La casa silente»

di Marianna GraziMONTICCHIELLO (Siena)Il palco è pronto, lo scenario della Val d’Orcia a fare da sfondo dipinto e il piccolo borgo di Monticchiello (Siena) accende i riflettori su di sé e invita il pubblico in sala – pardon in piazza – a spegnere i cellulari e a fare silenzio per l’inizio dello spettacolo. Da sabato 26 luglio, e poi avanti fino al 14 agosto (con le sole eccezioni del 28-29 luglio e 4 agosto), torna il teatro povero con il nuovo l’autodramma intitolato "La casa silente". Espressione massima della cooperativa di comunità del paese, questo spettacolo ‘partecipativo’ nato negli anni Sessanta per riunire i cittadini – che diventano attori anche del loro destino – e non far morire il borgo è diventato qualcosa di unico nel panorama culturale italiano.

"Siamo al 59esimo autodramma, ci avviciniamo al 60° anniversario, un traguardo non facile per le realtà culturali e teatrali in Italia. È una bella tradizione che ha resistito a tutto", afferma Manfredi Rutelli, co-regista e sceneggiatore insieme a Gianpiero Giglioni.

Questa tradizione resiste al tempo e alle mode, sostenuta dall’impegno di un’intera comunità: dal 1967, generazioni di abitanti, dai bambini di 4 anni agli storici novantenni, hanno calcato questo palcoscenico, portando una testimonianza fondamentale. La principale responsabilità oggi è trasmettere questa eredità ai più giovani: "Creare un vivaio che possa continuare e rinnovarsi è la nostra priorità – aggiunge Rutelli – Fortunatamente non dobbiamo forzare nessuno: la grande partecipazione è il risultato più bello ottenuto. Il processo creativo è intenso: durante l’inverno e la primavera, assemblee mensili permettono alla comunità di discutere problematiche e urgenze, da cui si elabora una drammaturgia collettiva. A giugno il testo viene condiviso e iniziano le prove, fino al debutto e alle repliche di metà agosto. È un periodo in cui molti andrebbero in vacanza, ma sono felici di fare questo sacrificio per contribuire a un rito comunitario e identitario".

Non attori professionisti ma di semplici cittadini, che si mettono in gioco per il loro paese. Questo "significa che portano la vita insieme a loro sul palcoscenico e la vita alle volte significa anche problemi familiari, problemi di lavoro e, perlopiù per gli anziani, problemi di salute – dice il co-regista –. Ma è questo il bello". Le tematiche stesse nascono dalla sensibilità locale e sono di grande attualità. Quest’anno, il punto di partenza è il calo demografico e lo spopolamento dei borghi, luoghi dove non nascono più bambini e dove le comunità, con la loro memoria storica, rischiano di svanire.

"Così ci siamo immaginati Monticchiello nel 2059, trasformato e abitato per lo più da turisti facoltosi, estranei alla vita comunitaria", spiega il regista. "Una squadra di controllo delle ‘case silenti’ indaga sulle abitazioni dove non si registra attività umana per troppi giorni. Se il proprietario non si trova, l’immobile viene requisito per sostenere la comunità. In questo caso, si imbattono in una casa piena degli oggetti di un accumulatore seriale che per anni ha conservato la memoria del paese. Ma dove sia finito il proprietario, è un mistero". L’autodramma diventa così un monito, ma non senza una luce di speranza. "Oltre a stimolare riflessioni – conclude Rutelli – cerchiamo di offrire un finale aperto e ottimista. Oggi abbiamo la possibilità di evitare che questo futuro si realizzi. La strada è sempre quella della memoria: conservare le nostre radici e farne tesoro per il futuro".