MARCO
Cronaca

Il tabernacolo era rimasto vuoto. Con mia grandissima amarezza

Ogni mattina passavo davanti, era diventata una bella abitudine a cui non sapevo più rinunciare

Vichi

Ero tornato a tarda sera da un viaggio di lavoro di un paio di settimane, giornate intense in cui avevo camminato poco. La mattina dopo uscii di casa con la voglia di fare una lunga passeggiata in mezzo al verde, come facevo di solito. Nella stradina che dalla mia casa di campagna portava al paese mi voltavo sempre a guardare un tabernacolo quasi nascosto in mezzo agli alberi, con dentro una vecchia Madonnina di terracotta, un’abitudine che mi accompagnava da molti anni. Per me quella Madonnina era un’amica, e se dovevo giurare lo facevo su di lei: "Te lo giuro sulla Madonnina dell’Impruneta." Quando arrivai al tabernacolo mi voltai per salutarla, ma con mia grande sorpresa vidi che c’era una novità: prima il tabernacolo aveva uno sportello di vetro con un semplice paletto, e la Madonnina si vedeva bene, adesso lo sportello era stato sostituito da un reticolato di ferro chiuso da un lucchetto, e soprattutto la Madonnina non era più quella di prima, era stata sostituita. Cosa poteva essere successo? Non riuscivo a immaginarlo. Incontrai un vicino di casa e gli chiesi se sapeva qualcosa, e lui scuotendo il capo mi disse che una decina di giorni prima, una notte la Madonnina era scomparsa. "Come sarebbe è scomparsa?" ero piuttosto meravigliato. "Sparita, volatilizzata… e lo sportello è stato richiuso" disse lui, allargando le braccia. "Rubata?" chiesi. "Da sola non se n’è andata di sicuro" disse il mio vicino, con un sorriso. "Che cosa assurda…" Dio mio, pensai, chi poteva aver fatto una cosa così stupida? Il mio vicino mi raccontò che gli abitanti della zona, tutti d’accordo, avevano deciso di fare una colletta per comprare un’altra Madonnina, ma non l’avevano trovata uguale, purtroppo: quella scomparsa era piuttosto antica, e nessuno aveva mai pensato che potesse scomparire. Avevano anche pagato un fabbro per aggiungere allo sportello di vetro quella sottile inferriata di protezione e un lucchetto. "Adesso la Madonnina è in galera" aggiunse. "Mala tempora…" dissi. Tirai fuori il portafogli e pagai la mia quota, volentieri per la Madonnina ma con la bocca amara per quella faccenda incomprensibile. Da quel giorno, ogni volta che passavo davanti alla Madonnina scuotevo il capo anche io. Chi mai poteva rubare una Madonnina? Per quale motivo? A che scopo? E se magari… Be’, mi passarono in mente ipotesi poco simpatiche, rituali strani, sette religiose, o anche un furto a scopo di lucro, per pochi euro. Di certo nessuno avrebbe mai scopetto la verità, pensavo… A meno che non saltasse fuori una confessione in articulo mortis, magari dopo mezzo secolo, come poteva accadere in un romanzo di Dürrenmatt. Passarono diversi mesi. E proprio come in un romanzo di Dürrenmatt venni a sapere cos’era successo, per puro caso o forse per un disegno del destino. Era estate. Mi ero seduto in un tavolino all’aperto del bar principale del paese, nella piazza della chiesa, non distante da un gruppetto di sette ragazzini su quindici o sedici anni, tre ragazze e quattro ragazzi. C’era anche una ragazzina molto carina, bionda bionda, una del paese che conoscevo solo di vista fin da quando era bambina. Bevevo il mio caffè e leggevo il giornale, e distrattamente sentivo quei ragazzi chiacchierare e scherzare… Fino a la biondina, abbassando la voce, ma non abbastanza, si rivolse al branco. "Stanotte ne portiamo via un’altra, di Madonnine qua in giro ce ne sono un sacco…" disse, sorridendo con aria complice. Mi vennero i brividi sul collo. Ecco chi era stato, e a ideare la bravata era stata proprio lei, a quanto sembrava. L’avevo sempre considerata una scemina, quale era, ma chissà come mai aveva la capacità di trascinare gli altri, imbrigliandoli con un carisma che in realtà non aveva. Forse era per via della sua bellezza un po’ vuota ma appariscente… che fa sempre un certo effetto, soprattutto negli adolescenti. Mi prudevano le mani. Mi sarebbe piaciuto dare due schiaffi educativi a quei ragazzini, soprattutto a lei, alla biondina bella e stupida. Riuscii a resistere, ma adesso che sapevo non potevo stare zitto. Pensai un po’ a cosa potevo fare, poi mi alzai portandomi dietro la sedia e andai a mettermi accanto a loro. I ragazzi smisero di parlare e mi guardarono, chiedendosi cosa diavolo volesse quel tipo che aveva il triplo dei loro anni. Feci un sorriso gelido, e li guardai uno dopo l’altro. "Complimenti…" dissi. E ovviamente fu la ragazzina bella a rispondermi.

1-continua