Il purgatorio d’acciaio delle bici Dove l’inciviltà diventa vita nuova

Viaggio alla depositeria comunale. Ogni anno arrivano circa 2mila mezzi. E ognuno ha la sua storia

Il purgatorio d’acciaio delle bici  Dove l’inciviltà diventa vita nuova

Il purgatorio d’acciaio delle bici Dove l’inciviltà diventa vita nuova

di Claudio Capanni

"Se non esistesse questo posto, in strada non ci sarebbe nemmeno spazio per passeggiare". Maurizio Caprio ha 58 anni e la voce ruvida di chi brucia le attese insieme al tabacco. Da più di 30 lavora per Palazzo Vecchio. Oggi è il monarca del regno di ferraglia che, dal 2007, ha conquistato la striscia di cemento che, per un chilometro, allaccia Firenze Nova all’Olmatello. Qui è responsabile della depositeria comunale gestita da Sas. I suoi cancelli, ogni anno, sono varcati da oltre 2mila biciclette.

"Vengono rimosse da rastrelliere, lampioni, semafori. Spesso abbandonate". O cannibalizzate, ridotte a scheletri. E portate quaggiù dai carri dopo che Alia, vigili e operatori Sas, armati di fresa e tenaglie le hanno staccate dallo scoglio urbano dove, qualcuno, le ha incollate. Grazielline, pieghevoli, mountain bike, Bottecchia e Atala con i freni a tampone, fino ai sequestri penali. E pure risciò. Un fardello da 130 quintali che, allo stato grezzo, vale 70mila euro. Ogni bici è in questo purgatorio d’acciaio per espiare la colpa del suo padrone: l’inciviltà.

"Alcune sono rubate e abbandonate Ma altre sono legate a lampioni, marciapiedi, cancellate e occupano spazio utile da mesi nelle rastrelliere". Lo dicono i numeri, l’ultima infornata è arrivata a fine marzo: 230 veicoli rimossi da gennaio di cui il 95% per intralcio e pubblica sicurezza. Pochi tornano a riprendersela. "Nel 2022 sono state 1.652 le rimosse, solo 160 proprietari le hanno reclamate". Il gioco non vale la candela. Il conto rimozione è light, 11 euro per il diurno e 14 per il notturno. La custodia è gratuita. Ma a far lievitare il prezzo c’è la multa: 60,90 euro se pescata sul marciapiede o 29,40 euro se in rastrelliera. E alla fine tocca sborsare fino a 75 euro. La procedura ha fatto passi da gigante. Se nel 1998 esistevano due depositi-cimitero con 6mila veicoli, oggi il circuito messo a punto da Sas è una chicca del riciclo. "Dopo che il carrista entra in deposito, ogni bici viene dotata di cartellino, protocollo, descrizione e luogo di rimozione". A fine trimestre scatta la cernita e si decide il destino delle orfane: rottame o nuova vita. Le irrecuperabili vengono verbalizzate dalla municipale che ne autorizza la demolizione come rifiuto. Nel 2022 sono state 581, meno del 30%. Per le altre è la rinascita. "Viene creato un elenco delle rimanenti e affisso all’albo pretorio per un anno. Se nessuno torna a riprenderle, vengono acquisite dal Comune e donate alla cooperativa Ulisse". La magia la fanno i detenuti di Sollicciano della coop: telaio e manubrio sono messi a nuovo e rivenduti sul sito della cooperativa. Il risultato sono gioiellini dai 90 ai 250 euro nuovi di pacca. Per gli ostinati invece ci sono gli operatori della depositeria ai quali tocca essere detective e psicologi. Chi rivuole la sua due ruote deve dimostrare di esserne il proprietario.

Per farlo si deve rispondere a un questionario e firmare un’autocertificazione. Se si viene pizzicati con una bici ritirata e non di proprietà, scatta la denuncia. Non tutti vengono in pace. "C’è chi si infuria e dice che è un mezzo ecologico e non è giusto rimuoverlo. Cerchiamo di essere accomodanti e gentili. Ma il servizio tutela la comunità, senza queste regole sarebbe la fine". Il cervellone di Sas è anche un termometro che misura l’amore per le due ruote. Nel 2014 le bici custodite erano 1.100, nel 2019 più del doppio: 2.448. Poi la pandemia ci ha dato un taglio. "Il dato è che nemmeno l’arrivo del bike sharing ha fatto diminuire la tendenza dei fiorentini a una bici di proprietà". Anche perché su ogni sellino c’è l’impronta di una storia. Come quella della 45enne che, da mesi cercava una Bianchi vinaccia. Sua madre l’aveva inforcata per mezzo secolo: ci era andata a lavoro, tirato su uno stipendio, sfiorato gli spigoli dell’esistenza. Nel cestello sempre la figlioletta, poi diventata donna. Dopo la morte era rimasta in rastrelliera davanti casa per mesi e rimossa. Il pianto liberatorio della 45enne quando l’ha adocchiata nell’ultima fila del depositone Sas, è stato quello degli operatori che l’hanno accompagnata. Per lei è stato come rinascere. E sfrecciare ancora con mamma sulle strade della vita.

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