Il processo false fatture "Prestazioni inesistenti Ma i coniugi Renzi non agirono con dolo"

Depositate le motivazioni della sentenza di assoluzione dei genitori dell’ex premier Matteo. "Non avevano interesse all’evasione fiscale". In primo grado erano stati entrambi condannati.

Il processo false fatture  "Prestazioni inesistenti  Ma i coniugi Renzi  non agirono con dolo"

Il processo false fatture "Prestazioni inesistenti Ma i coniugi Renzi non agirono con dolo"

di Stefano Brogioni

Firenze

Quaranta pagine che ribaltano il verdetto di primo grado, e che spiegano che Tiziano Renzi e Laura Bovoli, imprenditori di Rignano sull’Arno e genitori dell’ex premier Matteo, non agirono per ottenere vantaggi di natura fiscale, incassando le due fattue (da 160mila euro più Iva complessivi) pagate nel giugno del 2015 dalla società Tramor all’epoca amministrata dal ’re degli outlet’ Luigi Dagostino. "Mancando il dolo di evasione, il reato non è configurabile", scrivono i giudici della corte d’appello di Firenze (Silvia Martuscelli, Giovanni Perini, Alberto Panu), nelle motivazioni con cui spiegano l’assoluzione, con la formula "il fatto non costituisce reato", pronunciata il 18 ottobre dell’anno scorso. La stessa corte ha ridimensionato in nove mesi (anzichè due anni), per truffa, la pena a Dagostino.

Una rilettura, quella offerta dal tribunale del secondo grado, che si scosta dall’interpretazione del primo processo, dove entrambi i coniugi Renzi erano stati condannati a un anno e nove mesi per l’accusa di false fatture. "Nel caso di specie - si legge nelle 40 pagine della sentenza - anche se risulta dimostrato che le fatture emesse dalla Party e dalla Eventi 6 non corrispondono a prestazioni commerciali realmente effettuate, la finalità perseguita era, ad avviso della Corte, esclusivamente di tipo extrafiscale: attinente ai versamenti che nel giugno 2015 Dagostino riteneva di effettuare alle due società emittenti, per ragioni che, come si è già rilevato, il processo non ha chiarito".

Dunque, secondo i giudici dell’Appello, benché quelle fatture fossero false, "nessun interesse vi era, da parte dei tre imputati a favorire l’evasione delle imposte da parte della società Tramor, le cui quote erano state cedute, o erano in corso di cessione, da Dagostino alla Kering". E neanche emergono, scrivono ancora i giudici, "elementi concludenti, idonei a provare che gli imputati, che perseguivano interessi di tutt’altra natura, si siano determinati ad agire con la previsione dell’indebito vantaggio fiscale che in futuro la Tramor avrebbe potuto conseguire, a seguito dell’emissione, e del pagamento, delle fatture in esame".

Ma probabilmente non finirà qui: la procura generale, che aveva chiesto la conferma dell’esito del giudizio di primo, potrà impugnare in Cassazione.

Il processo ai Renzi si dipana intorno a due documenti fiscali del giugno 2015. Il giorno 15, la Party emette alla Tramor la fattura da 20mila euro più Iva per uno ‘studio di fattibilità commerciale per collocazione area destinata al food’ sempre per un nuovo insediamento presso l’outlet ‘The Mall’ di Reggello. Quindici giorno dopo, è la Eventi 6, ammiraglia di famiglia, che chiede il pagamento di 140mila euro euro più Iva per uno "studio di fattibilità di una struttura ricettiva e food con i relativi incoming asiatici e la logistica da e per i vari trasporti pubblici (Ferrovie, aeroporti ecc...)".

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