
Il Forteto (foto Germogli)
Firenze, 11 novembre 2018 - La giustizia ha quasi fatto il suo corso. Ma le sentenze del tribunale non sono bastate a sciogliere un qualcosa che non ha una definizione chiara: il Forteto, oggi, mentre al supermarket si compra l’olio «novo», è ancora una «cosa» senza confini ben definiti tra cooperativa e associazione/comunità.
A dar forza a ciò che la pesante minoranza dei «dissidenti», ripete ormai da anni, adesso, c’è una richiesta di commissariamento con cui si è conclusa, giorni fa, l’ispezione di Confcooperative. Ma la relazione, indirizzata al Ministero per lo Sviluppo Economico, che fotografa un quadro assai diverso da quello configurato negli annunci del cda della cooperativa, è tutt’ora top secret. L’azienda respinge qualsiasi attacco: «La discontinuità è nei fatti», titola l’ultimo comunicato in cui viene ricordato anche che nell’ultimo processo contro Fiesoli, la coop è andata contro il profeta e sarà pure risarcita.
Evidentemente, però, i nuovi uffici amministrativi (spostati «giù», accanto allo spaccio) o l’esclusione di sei condannati dal novero dei soci lavoratori, sono misure che l’ispettore non ha ritenuto sufficienti per parlare di «cambiamento», visto l’esito della relazione. E dunque, questo rinnovamento, c’è o non c’è?
Nella governance dell’azienda che dà lavoro a quasi cento persone, negli ultimi mesi v’è stato un gran via vai. Al Forteto, ricorda ancora il cda, è stata introdotta la «figura del direttore generale». Ad oggi, però, Marco Fenili, definito dall’organigramma, si è dimesso il mese scorso. Prima di lui, il temporary manager Marco Aiazzi era arrivato preciso alla scadenza del suo mandato. Anche nel cda si nota un certo rifrullo, di poltrone e di deleghe. Fino al marzo del 2018, sotto al presidente Ferdinando Palanti c’erano il vicepresidente Francesco Rotini, l’avvocato Carlo Bossi, Alberto Bianco ed Enrico Ricci. Quest’ultimo, delegato ai rapporti sindacali, sette mesi fa se n’è andato e gli è subentrato un commercialista di Pelago, Mauro Boscherini, amico del presidente di Legacoop Roberto Negrini. Boscherini era partito in quarta, annunciando all’assemblea che il business si sarebbe rilanciato con il maneggio e l’agriturismo, non limitandosi ad occuparsi di strategie aziendali. Ma in estate, le sue deleghe – per altro formalmente mai definite –, gli sono state tolte. Con un presidente Palanti che si vede sempre più di rado, l’ultima assemblea ha caricato di ruoli altri due membri del cda: Alberto Bianco e Francesco Rotini. E qui torna il problema della (non) rottura con il passato. I nomi dei due amministratori compaiono nella sentenza di primo grado del giudice Marco Bouchard.
«Alberto Bianco – si legge – ha deposto all’udienza del 4 febbraio 2015, rendendo dichiarazioni nel complesso inattendibili, volutamente generiche e all’evidenza destinate a porre in risalto aspetti positivi della vita interna al Forteto che, attraverso prove orali e documentali raccolte nella precedente fase istruttoria, si è accertato essere esistiti in termini esattamente contrari a come descritti e riferiti». Anche quella di Rotini fu «una deposizione del tutto avulsa dalla realtà, assolutamente non credibile rispetto alla vita ed alle regole della comunità, della cui esistenza, consistenza e connotazione maltrattante si è raggiunta una prova piena, oltre ogni ragionevole dubbio e oltre ogni falsa dichiarazione». A tutto questo, si aggiunge il quotidiano, dove, nonostante le «epurazioni», in una delle coop più importanti del Mugello, accusatori e accusati lavorano ancora fianco a fianco.