Firenze, 15 giugno 2024 – Lo riconosce lui stesso: “Sono arrivato a Firenze in un momento difficilissimo”. Poco più di un anno dopo lo scandalo del prete pedofilo don Cantini, padre padrone della parrocchia della Regina della Pace del Ponte di Mezzo, la chiesa fiorentina, in quel 26 ottobre 2008, era ancora ferita, disorientata. “Ma alla fine siamo riusciti a dare una svolta a una vicenda tormentata, e così in altre vicende simili”, ha proseguito con un accenno indiretto all’attentato nel parcheggio della Curia, nell’autunno 2011. Ma poi la luce, come sempre, ha prevalso sulle tenebre. Domenica 16 giugno alle 17 nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, il cardinale Giuseppe Betori saluterà la comunità che ha guidato per quasi sedici anni: “Preparatevi – dice scherzando – non sarà un’omelia breve, sforerò gli 8 minuti chiesti da Papa Francesco. Ma ho tante cose da dire”. Intanto, nel prendere commiato dai giornalisti, parla della città. Anche se “l’impatto oggi del turismo città sta diventando pressante” a Firenze, “non penso che dobbiamo contingentare chi viene a visitarci: perché privare qualcuno della bellezza magari con un balzello?”.
"Il problema - ha spiegato - è che non siamo ancora riusciti a individuare una modalità con cui presentare l’anima di Firenze, e non solo il volto esteriore che si riduce a immagine, a selfie,
a palazzi da ammirare, a dipinti da contemplare: ma l'anima di tutto questo. Quando andiamo al dunque ciascun dipinto ha una funzione, una missione, un contenuto”. Secondo Betori è dunque necessario "ridare il contenuto alla forma di Firenze: non vale solo per l'arte sacra, questa credo sia la missione futura di Firenze. I turisti non li potrai mai cacciar via, ma se non sappiamo chi siamo, perché abbiamo fatto quelle opere, che ci stiamo a fare? È la nostra realtà”.
A Firenze è necessario "ricreare il tessuto sociale”, perché “sento che sta venendo meno, in centro in modo particolare, ma anche altrove, i legami, lo stare uniti tra di noi, anche nelle nostre parrocchie: è necessario ritessere la socialità. C’è dentro tutto: la dignità della persona, la giustizia, il lavoro. C’è anche la protezione: la piccola Kataleya non sappiamo dove sia, dietro un muro invalicabile, ma non vogliamo dimenticarla mai”.
Quindi, ha ribadito l’arcivescovo, "il mio mantra è ricreare il tessuto sociale: che si faccia con un piano casa o della viabilità non sta a me dirlo, sono scelte degli amministratori ai quali va tutta la mia stima: loro devono concretizzare. Ho compassione dei nostri preti, e anche dei nostri amministratori”.
Folignate, 77 anni, cardinale dal 2012, Betori traccia un bilancio del suo episcopato: “Quando sono stato ordinato vescovo - racconta - ero finalizzato alla Cei, di cui ero stato nominato Segretario generale. Per la vita della Cei ero ben preparato. Al momento della nomina a Firenze invece ero preoccupato. Fare il vescovo qui non ti può lasciare indifferente. Mi sono trovato di fronte a una storia di carità e a una vitalità che mi ha stupito. Per questo ho insistito molto sul binomio di bellezza e carità, identità più vera di questa città". Il legame tra bellezza, carità, verità, Betori lo sottolineò accogliendo a Firenze papa Francesco e la Chiesa italiana per il Convegno ecclesiale nazionale, il 10 novembre 2015: temi che lo stesso Papa riprese nel suo discorso. Il viaggio di Bergoglio a Barbiana, nel 2017, nel cinquantesimo di don Lorenzo Milani, è stato un altro passaggio significativo: Betori ha ricordato che prima di quella visita aveva chiesto al Papa di togliere il divieto di diffusione per il primo libro di don Milani. “Senza Esperienze pastorali – ha sottolineato – Barbiana diventa solo una scuola. Invece è formazione umana e cristiana attraverso la scuola”.
A proposito di carità, ha ricordato le tante realtà fiorentine: un sentiero, ha ricordato, "in cui anch’io lascio qualche sassolino” ovvero i due grandi centri Caritas, la Casa della Carità a Novoli e la Crocetta che aprirà in via Aretina, e Casa Marta, hospice per bambini malati legato al Meyer. Sul fronte culturale invece sottolinea la grande opera di inventariazione per il salvataggio dalla dispersione del patrimonio artistico ecclesiale, che ha visto la realizzazione di 271mila schede e costato 5 milioni in dieci anni: “È una delle cose buone che mi ascrivo”.
Lunedì 24 giugno, San Giovanni Battista, sarà lo stesso Betori a presiedere l’ordinazione episcopale del suo successore, don Gherardo Gambelli: "Il nuovo arcivescovo non mi è sconosciuto, l’ho trovato parroco all’Immacolata a Montughi e ho accolto la sua richiesta di partire come missionario in Ciad. Ho fiducia in lui”. Betori ha ricordato le tre nomine attribuite a don Gherardo al suo ritorno dall’Africa: vicedirettore spirituale in seminario, parroco, cappellano del carcere. “La Bibbia è pane quotidiano per me e per lui. Non ci sarà una frattura, un’impostazione ideologica. Gli ho detto di essere se stesso, pur dentro una tradizione. Essere vescovo a Firenze vuol dire inserirsi in una storia. Il mio compito sarà stare attento a mettermi dietro la porta, se c’è bisogno chiamato a far qualcosa”.
Il cardinale Betori, come si sa, rimarrà a vivere a Firenze, e manterrà gli altri suoi impegni, in particolare il lavoro alla Congregazione per le cause dei santi “mi ha preso”, ha sorriso, rivendicando, il coinvolgimento nel riconoscimento del miracolo per il quale è diventato santo Charles de Foucauld e il prodigio avvenuto a Firenze per la santità di Carlo Acutis.