di Barbara Berti
Dopo sette mesi senza stipendi e quasi due anni di lotta, il clima interno alla ex Gkn di Campi, ora Qf spa, è teso. Ed era inevitabile. Sta crescendo il numero di dipendenti che si licenzia per andare a lavorare altrove perchè "a fine mese servono soldi in famiglia". Secondo gli ultimi dati i lavoratori sarebbero scesi a 180 unità, oltre a una trentina di persone in aspettativa. Non più gli oltre 400 di quando iniziò la lotta della fabbrica. Ma anche tra chi per ora ha deciso di restare i rapporti interni non sono idilliaci nonostante si tenda a nascondere le frizioni. Da una parte c’è chi crede ciecamente nel progetto di reindustrializzazione dal basso con la costituzione di una cooperativa per far ripartire la fabbrica attraverso la produzione di pannelli fotovoltaici, batterie e cargo bike a ridotto impatto ecologico (obiettivo per cui è in corso la campagna di crowdfunding a quota 150mila euro circa che si chiuderà l’8 maggio). Ed è l’obiettivo del Collettivo.
Ma c’è anche un gruppo di operai, una cinquantina, che comincia a nutrire dubbi sulla fattibilità del progetto soprattutto per l’allungarsi dei tempi senza ricevere alcun compenso. Nasce da qui la lettera scritta da un gruppo di operai alla Fiom nazionale e di Firenze per chiedere al sindacato di convocare d’urgenza un’assemblea per fare il punto. La Fiom ha risposto all’appello. Il 2 assemblea in fabbrica. Chi c’era racconta un clima caldo.
La Rsu ha protestato anche per la data: ne serviva "una più comoda per tutti (…) niente, evidentemente la disponibilità della Rsu non è contemplata. In ogni caso, la presenza della Fiom, come sempre è benvenuta" recita un messaggio a tutti gli operai. A tale incontro, su invito della Rsu, hanno partecipato anche due rappresentanti dell’Usb Lavoro Privato – Industria che non condividono la proposta Fiom, "ovvero la richiesta di un mandato esplicito per poter discutere ‘degli ammortizzatori sociali disponibili’ ovvero sia dell’unico disponibile: la cassa integrazione per cessazione". Proposta messa sul piatto perché il gruppo di operai dopo sette mesi senza stipendio deve fare i conti con le necessità per pagare mutui, bollette, studi dei figli. Vivere. "Una proposta mai discussa con nessuno, nemmeno con il Collettivo di Fabbrica, la Rsu e che a noi sembra fatta scientificamente per far capitolare la vertenza con i lavoratori spediti su un binario morto" recita la nota. "La proposta che brucia nei fatti anche la proposta di re-industrializzazione dal basso e che accetta la liquidazione voluta da Borgomeo. In più se questo ammortizzatore fosse retroattivo rischia pure di compromettere i decreti ingiuntivi dei lavoratori" è sempre il parere della Usb. "Ci chiediamo poi, rispetto un ammortizzatore sociale che durerebbe fino a dicembre 2023, cosa succederebbe a questi lavoratori, se la cessazione diventasse elemento formale prima ancora che il Governo si esprima sull’ipotesi di reindustrializzazione? A voi le ovvie conclusioni". Poi la stoccata alla sigla dei metalmeccanici. "Cara Fiom è stato troppo facile aver atteso per 7 mesi, che l’esasperazione di lavoratori senza alcun stipendio aumentasse, per poi presentarsi con il volto buono… del dottore che vuole però farti bere lo sciroppo amaro".
La Fiom non vuole alimentare la polemica ma dopo le esternazioni al vetriolo risponde per bocca di Stefano Angelini (Fiom Firenze). "Negli ultimi tempi in molti si stanno rivolgendo alle nostre Camere del lavoro per dimettersi, costretti dalla situazione. Il nostro impegno è per mettere a terra un ammortizzatore sociale che allevi la situazione dei lavoratori. Chiediamo quindi alla Regione di convocare un incontro per trovare una tutela occupazionale per tutti". E poi la risposta: "Parlare di cassa per cessazione è riduttivo: non vogliamo far cessare nulla ma tutelare gli operai, il Decreto Genova parla di ammortizzatori straordinari per aziende in crisi. La causale dell’ammortizzatore può essere cambiata in corso d’opera".