Erika Pontini
Cronaca

Chiara e il piccolo Kaif. Denunciata dai genitori: "L’ho fatto per amore. Mi ritrovo alla sbarra"

I familiari del bimbo affetto da una malattia rarissima (poi deceduto) e affidato alla donna, la accusano di diffamazione e tentata violenza privata.

Chiara Fossombroni

Chiara Fossombroni

Firenze, 6 giugno 2025 – Da mamma in prestito di un bimbo che lottava per la vita a imputata. Per due anni è stata l’affidataria del piccolo Kaif, affetto da una malattia genetica rara (170 casi nel mondo), figlio di una coppia pachistana residente a Prato: un caso che fece commuovere tutta la città. E ora Chiara Fossombroni, 51enne fiorentina, si ritrova a dover affrontare un processo dopo la denuncia dei genitori del bimbo, morto ad appena 4 anni, il primo maggio 2022.

Udienza pre-dibattimentale fissata per il 15 di settembre. Diffamazione e violenza privata (tentata) le ipotesi di accusa. In particolare Fossombroni - assistita dall’avvocato David Ermini - deve rispondere di aver sostenuto in alcune interviste, anche a La Nazione, che il piccolo era stato abbandonato in ospedale o che comunque - è l’imputazione provvisoria - la famiglia non avesse dato al piccolo la necessaria attenzione. La violenza privata invece sarebbe consistita nell’aver tentato di privare i genitori di esercitare il proprio culto musulmano, facendo prima battezzare il bimbo e poi adoperandosi per farlo seppellire nel cimitero cristiano di Trespiano. E desistendo - questa l’accusa - in seguito al provvedimento del tribunale dei minori di Firenze, al quale la stessa Fossombroni aveva fatto istanza. La 51enne è inoltre accusata di aver pubblicato fotografie del minore, senza il consenso dei genitori, all’interno del proprio profilo Facebook e su piattaforme social.

Un caso amaro che sbarca in tribunale tre anni dopo lo strazio della morte di Kaif.

Fossombroni iniziò quasi per caso a fare la volontaria e assistere il bimbo al Meyer. Poi fu il tribunale per i minori a disporre l’affido temporale consensuale e, da dicembre 2021 l’affido giudiziale su richiesta del pm, sentiti i servizi sociali e forti di una relazione del Meyer secondo la quale il ruolo dell’affidataria era stato determinante nell’accudimento del piccolo: a testimoniarlo i miracolosi progressi di Kaif. Il tribunale decise quindi di attribuire alla Fossombroni anche le scelte sanitarie e vietò ai genitori di riprendere il bimbo. Anche perché, nel frattempo madre e padre di Kaif avevano iniziato a manifestare la volontà di riportarlo a casa - è emerso dagli atti del tribunale - nonostante avessero sempre affidato le cure del piccolo alla donna. I rapporti famiglia-affidataria si iniziarono a incrinare. E precipitano a maggio. Il piccolo Kaif non supera l’intervento. La Fossombroni - risulta dagli atti - chiede ai giudici di poter provvedere ai funerali e alla sepoltura ma il tribunale ‘riconsegna’ di fatto il corpo del piccolo alla famiglia naturale. Con la morte è venuto meno il ruolo dell’affidataria. Poi la decisione dei familiari di denunciare la donna, ora imputata.

"Non me lo sarei mai aspettata – ha detto Chiara Fossombroni – E invece devo difendermi da chi speravo potesse gioire nel vedere il proprio figlio migliorare ogni giorno, nonostante la situazione grave. Eppure… E’ una situazione grottesca e la mia difesa sarà semplice: l’amore che io, e chi ci ha conosciuto, ha sempre visto. E’ questo l’unico specchio in cui mi rifletto".

Chiara, come è nato l’incontro con il piccolo Kaif?

"E’ stato un caso. A novembre 2019 ho ricevuto la telefonata di Emilia Russo, presidente dell’associazione “M’ama-rete Mamme Matte”, mi chiedeva se potevo dedicare un po’ di tempo ad un bimbo piccolo, gravemente malato ricoverato al Meyer, poiché i volontari della Croce Rossa non bastavano più. Ho scoperto solo dopo che Emilia pensava di aver chiamato un’altra Chiara. Fu un errore a portarmi da lui".

Sapeva che era gravissimo?

"I medici mi dissero che la prognosi era infausta".

Ebbe paura quando accettò di prenderlo in affido?

"Sarebbe stato al sicuro solo sotto una campana di vetro ma lui aveva così tanta voglia di vivere che della paura ne abbiamo provato a fare a meno, tranne nelle fasi più critiche quando finiva in sala operatoria".

Che vita è stata?

"All’inizio trascorrevo un po’ di ore accanto a lui in ospedale. Poi le notti".

Quindi diventa affidataria….

"A marzo 2020. E mi sono trasferita con lui al Meyer e, per tre mesi, al Bambino Gesù a Roma".

Ci spieghi… "Era alimentato con la parenterale a causa della sua sindrome rara e, dopo un periodo di addestramento in ospedale, sono diventata autonoma nel gestire le varie manovre sterili per la nutrizione e la somministrazione di immunoglobuline. E siamo andati a casa. Il suo era un equilibrio delicato e precario, per questo vivevamo sempre con la valigia sotto al letto perché alla minima linea di febbre, dovevamo scappare in ospedale perché poteva essere il sintomo di una sepsi in corso che avrebbe potuto essere fatale".

Che giornate erano?

"Visite, controlli della glicemia, terapie mediche, fisioterapia e tante risate: ci ripagavano dei momenti più bui e difficili che abbiamo affrontato insieme, quando tutto sembrava precipitare da un momento all’altro, per poi volgere inaspettatamente al meglio. Ecco perché dico ‘miracolo’ in maniera un po’ romantica".

Kaif non conosceva il mondo fuori?

"Non aveva mai visto il cielo, un prato verde, il mare per i suoi primi due anni di vita e, un po’ alla volta, siamo riusciti a fare tutto, per supplire alla monotonia della vita in ospedale, sempre in accordo con i medici. Anche loro erano stupiti dalla sua incredibile voglia di vivere. Sono riuscita a mandarlo al nido d’infanzia e lì, anche se per pochi mesi, ha finalmente sperimentato la vita con gli altri bambini. Tra un ricovero e l’altro siamo stati al mare, sulle Dolomiti, l’ho iscritto a musicoterapia e l’ho accompagnato al corso di musicalità e ad acquaticità’. Uno squarcio di normalità. Il bambino con lo sguardo triste che avevo conosciuto a novembre 2019 era diventato entusiasta e pieno di vitalità. Pensi che era lui che ogni volta che vedeva un altro bambino piangere andava a consolarlo".

Poi la malattia ha avuto il sopravvento: Kaif è morto…

"Era il primo maggio 2022. E’ volato in cielo a seguito dell’ennesimo intervento dopo il quale è finito in rianimazione: aveva avuto un blocco renale. Il suo corpicino aveva affrontato sfide sempre più difficili e non ce l’ha fatta".

Lei si era molto affezionata…

"La disperazione è stata la prima reazione. Poi, grazie al mio padre spirituale, mi sono fatta forza ed l’ho pensato libero finalmente da tubi e aghi e l’ho sentito sempre vicino e felice della sua nuova libertà".

Un insegnamento?

"Grazie a lui ho imparato la lezione più grande ed importante della vita: non importa quanto a lungo viviamo ma di come viviamo e lui, nei suoi brevi anni di vita, è stato in grado di insegnare tanto a tutti, me inclusa, cioè l’empatia e la gentilezza verso gli altri, ad apprezzare le piccole cose e soprattutto che “si vive di ciò che si dona”".

Lo rifarebbe?

"Sì, e le dirò di più: ho imparato che la malattia non è il bambino, non la vedi nemmeno più, tanto è grande l’amore per quella creatura. Per questo quando parlo di affido di bambini speciali con persone che ne sono spaventate, racconto: “Conosceteli prima e poi, trascorreteci del tempo e sono convinta che quella paura sparirà".

Adesso è incinta...

"Sì, di una bimba e sono felicissima. Vorrei dire a tutte le donne che hanno vissuto questa attesa per anni, come me, che non è la biologia a renderti genitore ma la dedizione e l’amore che doni alla creatura di cui ti stai occupando, sia che tu abbia un figlio di pancia, che tu sia affidataria piuttosto che mamma adottiva".

I genitori naturali di Kaif l’hanno denunciata e ora dovrà affrontare un processo

"Non me lo sarei mai aspettata. E invece devo difendermi da chi speravo potesse gioire nel vedere il proprio figlio migliorare ogni giorno, nonostante la situazione grave. Eppure… E’ una situazione grottesca e la mia difesa sarà semplice: l’amore che io, e chi ci ha conosciuto, ha sempre visto. E’ questo l’unico specchio in cui mi rifletto".