
La presentazione del libro di Carlo Sorrentino con Raffaele Palumbo e la vice direttrice della Nazione Cristina Privitera (Giuseppe Cabras/New Press Photo)
Firenze, 6 maggio 2025 – Il giornalismo ha davvero un futuro? Ne è convinto Carlo Sorrentino, professore di Sociologia dei processi culturali e di Giornalismo e sfera pubblica all’Università di Firenze. Nel pomeriggio di oggi, 6 maggio, ha presentato il suo “Il giornalismo ha un futuro. Perché sta cambiando, come va ripensato” (Il Mulino, 2025) alla libreria Feltrinelli di piazza della Repubblica a Firenze. Insieme a lui, la vicedirettrice de La Nazione, Cristina Privitera, e Raffaele Palumbo di Controradio.
Il giornalismo è, infatti, in continua trasformazione e la rivoluzione digitale è stata «uno choc per il settore giornalistico – ha detto il professor Sorrentino –. Tanto che oggi consumiamo singoli contenuti sugli smartphone, che spesso non consideriamo canali degni, mancano quelle che chiamiamo “forme di legittimazione”». «Oggi l’informazione ci arriva da tante parti, siamo in un sovraccarico informativo, per cui non siamo in grado di controllare questa quantità – ha continuato Sorrentino –. Anche perché l’informazione è come l’aria, non la vediamo. Ed è tanto evidente, che non ci accorgiamo che la stiamo consumando. Ma l’informazione è davvero come l’aria, è inquinata. E se non la disinquiniamo, non possiamo avere la società, in ambito accademico diciamo la “coesione sociale”. Porto un esempio: oggi Peppone e Don Camillo non avrebbero di che litigare, perché si informerebbero, ognuno, attraverso le proprie fonti, senza incontrarsi mai».
E se ognuno può produrre informazione sui social, allora Sorrentino spiega che «tutto è informazione, ma non tutto è notizia. Come una mamma può medicare la ferita del ginocchio del figlio dopo che è caduto senza diventare infermiera, così un comune cittadino può fare un atto giornalistico. Ma non per questo è un giornalista, come la ragazza diciassettenne che ha ripreso la scena di George Floyd. Ha fatto un mirabilissimo atto giornalistico, ma non è una professionista. Oggi più che mai, quindi, il giornalista seleziona e verifica le informazioni. E diventa preponderante il lavoro interpretativo, con gli approfondimenti sulle notizie».
A questo si aggiunge una maggiore responsabilità dei singoli, perché è impossibile pensare che l’informazione sia gratuita. Sorrentino, infatti, ha spiegato, che è necessario «responsabilizzare il singolo a informarsi in maniera meno passiva e non gratuita e che questo richiede un’alfabetizzazione digitale. Oltre a questo, c’è un modello di business che favorisce gli oligopoli dei distributori, le grandi big tech, che guadagnano l’80%, mentre i produttori solo il 20%. Dobbiamo cambiare il modello e in aiuto ci viene l’Ue, che sta cercando di mettere un freno a questi oligopoli». Per scampare a questo problema, ecco il suggerimento di Sorrentino: «I giornalisti devono fare una mossa del cavallo e diventare più eccentrici. Perché tra freelance e podcast c’è chi funziona molto. Ecco, il giornalismo ha un futuro in quella direzione».
E se la carta continua a sostenere economicamente tutto il resto e l’Intelligenza Artificiale intimorisce, cosa si può fare? «Su questo – conclude Sorrentino –, il giornalismo deve puntare su meno notizie, ma più articolate. Certo non potremmo avere tanti media come il New York Times con tutti i suoi abbonamenti che fanno informazione di qualità su tutto il mondo. Ma potremmo averne tanti sul micro-locale, dove si può puntare sulla riflessività, in un lavoro che si avvicina a quello del professore universitario. Mentre l’Intelligenza Artificiale può essere un valido aiuto se, però, è utilizzata per un lavoro di sintesi che richiederebbe molto tempo. Al contrario, se verrà usata per sostituire i giornalisti in cerca di risparmio, allora sarà sicuramente un problema».