
Michele Manzotti con due preziosi vinili della sua collezione infinita di dischi
Firenze, 29 aprile 2022 - Non riusciamo a darci una spiegazione, a capirne la ragione. Siamo appena sgusciati fuori da pandemie, da cose brutte e da un periodo di mascherine e disinfettanti. E c’è piovuta addosso questa notizia devastante: Michele Manzotti, il nostro Miky, è morto all’improvviso. Non ci crediamo, nessuno di noi riesce a farlo. Perchè lo vediamo subito lì, seduto alla sua scrivania che guarda il corridoio, che lavora al computer, che armeggia nel suo archivio di fascicoli e idee.
E anche fermarsi a fare battute con noi che con lui siamo cresciuti in giorni, mesi, anni passati a La Nazione. Michele Manzotti, fiorentinissimo, aveva cominciato la professione nel 1988 come vincitore della borsa di studio della Poligrafici Editoriale e poco dopo era stato assunto al Resto del Carlino nella redazione di Rovigo. Nel 1995 approdò a La Nazione e prima di arrivare alla redazione centrale di Firenze, aveva fatto tappa a Siena. Michele amava la musica da sempre ed era direttore del sito www.ilpopolodelblues.com.
Ridevamo della sua recente passione per il gruppo degli Extraliscio: era tale la sua cultura musicale, che partiva dalla classica alla sinfonica e passava dal barocco al jazz per arrivare al folk e jazz, da potersi permettersi anche divagazioni infinitamente pop. Michele è morto l’altra notte a Roma, dopo aver assistito al concerto dei Calexico. Lunedì sarebbe stato a Genova a sentire i Van der Graaf Generator e il 3 al Maggio per Juliette e Roméo. Aveva 61 anni e stava per andare in pensione dopo una vita passata in redazione.
Concerti e giornalismo: le sue due grandi passioni. Si era laureato in Lettere e aveva insegnato storia della musica collaborando con riviste specializzate. Non solo. Era autore di libri sui Jethro Tull e Nicola Arigliano, quest’ultimo dal titolo: My name is Pasquale scritto con il suo caro amico Ernesto De Pascale.
Michele ci metteva un secondo a prendere un aereo direzione Londra: era talmente appassionato del folk inglese, che non si accontentava di nomi storici come John Renbourn e Bert Jansch ma veleggiava curioso e divertito verso i nuovi orizzonti di gruppi come Bellowhead e Full English. E al ritorno dai suoi viaggi raccontava l’emozione provata per aver addirittura cantato, invitato sul palco da certi gruppi che ormai lo conoscevano bene. Michele, una persona ironica, dolce, sorridente e sorniona, impegnata anche nel sindacato, sempre pronto a dare una mano e consigli. Una delle sue mete preferite? Dare la caccia ai vinili anni ’70 nei negozi specializzati dove era una presenza assidua.
Michele ha lasciato all’improvviso questa vita, sua moglie Laura e i suoi due adorati figli Gaia e Lorenzo, i suoi familiari e amici, ai quali va il nostro grande e affettuoso abbraccio. E ha lasciato anche tutti noi colleghi di una vita trascorsa insieme nella grande famiglia del giornale, così, increduli, sconvolti e addolorati. Ciao Mike, ci mancherai.
Titti Giuliani Foti