STEFANO BROGIONI
Cronaca

Addio alle due ciminiere. Iniziato l’abbattimento dell’inceneritore della discordia

La battaglia vinta di San Donnino: via alla riqualificazione dell’ex impianto di smaltimento. Fu spento per diossina nel 1986

Firenze, 8 aprile 2024  – Fu una battaglia che segnò gli anni Ottanta, quella contro l’inceneritore. Cuspide di un’economia ruggente, che una città che doveva cambiare per stare ai ritmi imposti dal boom doveva in un modo o nell’altro sopportare. A costo anche di tumori e malattie.

Produrre, produrre, produrre aveva anche un’altra faccia della medaglia: lo smaltire. Ma davanti a casa mal si digerisce anche un cassonetto, figuriamoci un inceneritore. Ma inceneritore, comunque, fu. Politicamente, tutto cominciò negli anni ’60. Con la giunta del sindaco democristiano Piero Bargellini, appena uscito dall’alluvione, si decise di fare l’impianto, con quella del suo successore, l’amico di partito Luciano Bausi iniziò la realizzazione. Non senza strascichi giudiziari: l’impresa che costruì l’impianto avrebbe distribuito mazzette ai partiti. Ma questa è un’altra storia.

Per bruciare i rifiuti della città venne scelto il confine dell’impero, la frazione di San Donnino praticamente a metà tra Firenze e Campi Bisenzio, una piana da cui è difficile scorgere la torre di Arnolfo.

Tra i campi di un’area fino a poco prima rurale, fiorirono due ciminiere sulla sommità di una costruzione squadrata, cubi e rettangoli che con i camini segnarono a modo loro lo skyline della città, ben visibile da chi arriva con l’ autostrada del Sole o in treno, sui vicini binari della linea per Empoli. E pure da chi oggi percorre un percorso ciclopedonale lungo la sponda destra dell’Arno, che ha unito le Cascine al Parco dei Renai. Non certo belle, a vedersi. Tanto che il visionario Andrea Panconesi, fondatore della boutique Luisa Via Roma, si propose di abbellire l’inceneritore a sue spese.

Saranno il passato, perché da oggi, con una decisione a suo modo epocale, le due ciminiere verranno abbattute. L’area che fu l’inceneritore resta votata al recupero, però: diventerà un impianto "per la chiusura del ciclo dei Raee (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche)", gestito da Alia.

Niente più ciminiere, insomma. Anche se, per ricordare l’uscita dei fumi dai comignoli, bisogna andare molto indietro nel tempo. L’inceneritore venne spento nel luglio del 1986, dopo tante polemiche, battaglie politiche e soprattutto analisi che attestarono l’insalubrità dell’aria, impregnata di diossina. In molti l’avevano detto, del pericolo di quell’impianto, ma Palazzo Vecchio era andato avanti lo stesso. La piccola San Donnino pagò un dazio pesantissimo: chi potè si allontanò dal rischio tumori che, provato o non provato, non faceva star tranquillo nessuno. E forse uno degli effetti dell’inceneritore fu anche l’arrivo della comunità cinese: San Pechino, la ribattezzarono.

Oggi si volta pagina. L’inceneritore resterà soltanto un ricordo e non ci saranno più quei due camini a far da testimoni.

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