
La locandina della presentazione de 'Il vegliardo di Patmos'
Firenze, 20 ottobre 2020 - Vincenzo Arnone, agrigentino trapiantato a Firenze, oltre ad essere uno scrittore versatile e mai banale ha da sempre tenuto nel bagaglio della sua ricerca umana e pastorale la ricaduta della Sacra Scrittura e della patristica nella vita culturale, prediligendo narrativa, teatro e saggistica. E’ sstato parroco di Montebello e ora è alla guida della chiesa di San Giovanni Battista all'Autostrada. Docente alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, ha promosso spesso incontri sui temi di maggiore attualità o di ricerca culturale, convogliando questi confronti anche nella rivista del nuovo ‘Frontespizio’, il cui ultimo numero punta a rileggere alcuni aspetti della figura di Dante Alighieri in rapporto alla fede e alla Chiesa. Intanto Arnone sta promuovendo ‘Dialoghi sotto la tenda’, una serie di colloqui che si tengono proprio presso la chiesa di San Giovanni Battista all’Autostrada, a Campi Bisenzio, il primo dei quali il 10 ottobre con l’abate Bernardo e l’attrice Beatrice Fazi. Mercoledì 21 ottobre, alle 17, presenta presso la libreria Gioberti, vicino alla chiesa dei Salesiani a Firenze, la presentazione della sua ultima prova narrativa: Il vegliardo di Patmos (Polistampa) che ricostruisce una possibile vita dell’apostolo Giovanni Apostolo.A fianco della scrittura narrativa (a partire da 'Il Vangelo apocrifo di Maria', edito da Piemme come anche 'La valle degli anacoreti' fino al ‘Romanzo toscano’), Arnone affianca quella per il teatro ‘La notte di Arzamàs’ (‘Savonarola, ‘Dialogo tra le sante’ e ‘Dante: dialogo con Firenze’) e una discreta attività saggistica. Proviamo ad entrare in alcune pagine delle sue opere.Il teatro. Ne La notte di Arzamàs (1994, ed. Titivillus, con Note di Mario Luzi e Gianfranco Ravasi) Vincenzo Arnone dà voce alla sua vena di drammaturgo per scandagliare tutta la parabola esistenziale dello scrittore russo Leone Tolstoj (1828-1910) . Il titolo del libro si riferisce al momento decisivo della conversione di Tolstoj, nel 1869, ma la notte che l’autore prende in esame e declina, anche in questo caso in un atto unico è l’ultima, quella passata nella stazione bulgara Astapovo, tappa di una fuga che avrebbe dovuto condurlo in Crimea lontano dai conflitti familiari, per portare a compimento la sua ricerca spirituale. Arnone immagina che la moglie Sofia e i figli di Tolstoj, un po’ come angeli inquisitori, gli chiedano conto del conflitto che li ha separati, seppure in una fedeltà senza tradimenti. E’ un punto di conversione, l’approdo di un percorso interiore che nella tenuta di Arzamàs, di cui era proprietario, gli mostra qual è la strada del Vangelo. O, meglio, il Vangelo gli mostra la strada e questa strada è vera perché il grande scrittore russo cerca di percorrerla per tutta la vita senza addomesticarla, lasciarla sugli scaffali, veicolarla nei compromessi, anche familiari, che gli avrebbero risparmiato acute sofferenze. L’autore sviluppa nel libro anche una conversazione lirica con Maria e un atto unico su Sant’Antonino (1389-1459), il vescovo di Firenze chiamato dalla vita contemplativa al governo della diocesi in una città dove “proverai la forza dell’odio e la potenza del fiorino”In Dante: dialogo con Firenze, Arnone immagina che Dante scriva una lettera al vescovo di Firenze, monsignor Francesco Monaldeschi, il 15 dicembre 1299, raccontando la sua vita. Del 2015 è il dramma in due atti su Savonarola (Ladolfi).Nella poesia Arnone si cimenta con Il Paese dell’anima è del 2011 (Ladolfi).Narrativa. Del 1999 è La valle degli anacoreti: viaggio nella solitudine agli albori del cristianesimo (Piemme), che racconta il viaggio del pellegrino Arsenio nella valle di Goreme, in Anatolia, dove vivono 70 anacoreti.
Nel 2001 esce Il vangelo apocrifo di Maria (Piemme).
Del 2003 è il romanzo L'ombra del padre (ed. Guida). La madre racconta del padre e di sé in un paese della provincia di Agrigento; il figlio, ormai adulto, commenta le sue parole, muovendosi su due piste interpretative: da una parte la Sicilia della prima metà del Novecento, dall’altra la paternità come testimonianza del padre naturale, come richiamo a quella creatrice, come interlocutrice, infine, della propria stessa paternità spirituale. Il figlio ora è grande come il padre e, alle porte di Firenze, in un’altra stagione della vita, ne contempla l’ombra che lo accompagna e nella quale, o per presenza o per assenza, si cresce. Arnone racconta anche la Sicilia in cui la mafia non si nomina ma viene chiamata indirettamente “la giustizia” e dove quello che accade è “destino”; l’isola nelle parole degli scrittori amati (con le sottolineature del poeta Alessio Di Giovanni), pagana e cristiana, isola di una speranza (“la Sicilia è una rondine: ognuno parte e nei sacchi rigonfi trasporta la sua casa e la sua terra”). Dopo averlo letto Alessandro Parronchi, uno dei grandi del Novecento, ha scritto a proposito di queste pagine di “una vivacità di scrittura efficace e a volte brillante” a proposito di questo autore che si sente un sopravvissuto alla civiltà agreste, con un retroterra familiare onesto e, per sua fortuna, non possessivo . Non nutre rimpianti ma non può fare a meno di rilevare il senso di solitudine che cresce nelle città ed è chiaro che pensa a Firenze. “Quando una persona si ammalava – scrive - allora, in un certo senso, tutta la famiglia si ammalava. Nella comunione piena e reale delle gioie e dei dolori, sulla scia culturale – inconsapevole – degli usi biblici e greci: l’individuo si perdeva nella comunità della famiglia. Ad oggi, per le strade di una città dalla struggente bellezza artistica, l’individuo si perde… nella distrattezza esistenziale e nello stordimento nichilista, alla stanca ricerca... della famiglia perduta”. La figura del padre ritorna qui, con quella consapevolezza masticata nel tempo che Arnone ritrovare descritta in un prezioso libretto di cui non dice il titolo: “Credo ce carnalmente noi siamo figli di nostra madre, ma spiritualmente di nostro padre. Alla morte della madre si finisce col rassegnarsi e si arriva a pensare a lei con dolcezza. Del padre, invece, si continua a sentire l’assenza per tutta la vita. Quando viene a mancare il padre, si avverte che, da quel momento in poi, noi ci troveremo soli a fronteggiare la morte, dalla quale lui, prima, ci difendeva”. Tra le tante considerazioni svolte dall’autore, altre due in particolare, meritano una sottolineatura. Non basta farsi un segno di croce per essere cristiani. Di una certa fede, parla di uomini religiosi “a modo loro. Di perdonare certo non perdonano: permalosi e suscettibili, arrivano anche a rifiutare il saluto ai fratelli o alle sorelle se hanno ricevuto un’ offesa. E se qualche uomo si vede in chiesa, a servire la messa, a suonare le campane, a raccogliere i soldi, è perché… o è zoppo, o è babbu, o ha qualche altro difetto fisico. Ma un uomo ‘normale’ non può farsi vedere in chiesa spesso”. Per il suo conterraneo Andrea Camilleri al mafioso, in particolare, potrebbe essere posto davanti un totem al posto della croce e sarebbe la stessa cosa. E il prete? Del prete “sono rispettosi, mai amici; se è povero, lo dicono meschino e incapace; se ricco, ladro e avaro; se lavora molto, un fanatico e un picchiato, se passeggia per il corso, uno sfaccendato e un fannullone”.
Del 2004 è Basilio il grande (Piemme).
Romanzo toscano (2008, Sciascia) rappresenta una sintesi riuscita tra leggerezza della lettura e la profondità della ricerca, delle biografie illustri e meno raccontate da un'angolazione sempre originale. Questa riappriopriazione passa dai volti noti e meno noti di quelli che dal contado a Firenze, in circa mille anni hanno costruito una sensibilità universale, da Dante a Marsilio Ficino a Bruno Pirgher, poeta canterino delle Gualchiere. Arnone si inoltra negli archivi preziosissimi delle pievi, nelle storie dei paesi come nelle icone della grande letteratura e con una narrazione scanzonata e al tempo stesso colta (c’è un dosaggio che segna una nuova misura nella scrittura dell’autore), giunge a profetizzare la “salvezza che viene dalla provincia”, la dinamica che rivitalizza le città stanche. Del 2017 è Le voci del Borgo, nel quale un prete racconta la sua vita (ed. Emp). ‘La leggenda del raccontatore errante’, pubblicato da Marcianum Press nella collana Il Crogiolo, è invece del 2018.Saggistica. Per Arnone essere prete, in un paese come in una città, è “oltrepassare e scavalcare i limiti imposti da sempre”. La preghiera è educazione interiore a questo superamento.Nel 2006, per Lef, Arnone pubblica Ritmi del tempo liturgico che tocca il rapporto consapevole tra tempo dell’uomo e tempo di Dio ed è stato opportunamente collocato in una collana di testi quali la Filocalia, con opere di Giovanni Vannucci, Divo Barsotti e di altri maestri dello spirito. "L'Eterno ritorno dell'Anno Liturgico è molto più importante dello scorrere lineare del tempo storico, unico senso del quale è preparare il Ritorno del Re", scrive Franco Cardini nell’introduzione.
Bibbia e Letteratura, edito nel 2010 da Sciascia e quindi da Studium, rappresenta non solo una disamina del tema del quale è stato docente a Firenze alla Facoltà teologica dell'Italia Centrale, ma il frutto di una passione coltivata a lungo negli anni. Il libro è aperto da una significativa citazione di Julien Green: “Soltanto la Bibbia è eternamente giovane, come un torrente di montagna che rotola da migliaia di anni. Non soltanto essa è più giovane d’ogni altro libro, ma più recente, in testa a tutto ciò che si possa mai scrivere. L’uomo che scriverà tra mille anni è già in ritardo nei suoi confronti”.Ad alcune figure significative della narrativa sono dedicati i saggi ‘Eventi e simboli del Novecento letterario’ (1994, Firenze Atheneum), ‘Pavese: tra l'assurdo e l'assoluto’ (1998, ed. Emp), ‘La figura del prete: nella narrativa italiana del Novecento’ (San Paolo, 1999), ‘Per non dimenticare Nicola Lisi’ (2004, ed. Città ideale), ‘Papini. Un uomo... infinito’ (2005, Emp), del 2013 ‘Come Dio si muove sul palcoscenico’ (ed. Ladolfi).Con Gerusalemme. Dove volano i poeti (2012, ed. Pazzini) Arnone legge la storia di Gerusalemme attraverso le interpretazioni poetiche e narrativa, dagli autori sacri a quelli contemporanei.Del 2014 sono gli aforismi raccolti in All’orecchio del mondo (ed. Ladolfi)
Michele Brancale