MAURIZIO COSTANZO
Cronaca

8 agosto 1956: Marcinelle, la tragedia dell'emigrazione: morirono anche 3 toscani

Ecco cosa accadde quel giorno. L'Italia inviava minatori in cambio di carbone. Tra i 262 morti, oltre la metà erano italiani. L’ultimo dei 13 superstiti è morto nel 2017

Il disastro di Marcinelle avvenne l'8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, in Belgio

Il disastro di Marcinelle avvenne l'8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, in Belgio

Firenze, 8 agosto 2025 - Sono passati sessantanove anni dalla tragedia di Marcinelle in Belgio. Erano le 8.10 di mattina dell’8 agosto 1956 quando un incendio si propagò a 1700 metri di profondità e non concesse scampo a 262 minatori di dodici diverse nazionalità (95 i belgi), in gran parte emigrati all’estero per cercare lavoro. Gli italiani erano 136: una piccola parte dei 50 mila che il governo italiano si impegnò a fornire al Belgio nell’immediato dopoguerra, fin dal 1946, in cambio di carbone. Sessantanove anni sono trascorsi, ma la Toscana non dimentica chi da quella miniera di carbone non ne uscì più. Tra loro ci furono anche tre toscani: Otello Bugliani di Massa, Enrico Del Guasta di Cascina, partigiano e medaglia d’oro al valor civile, e Romano Filippi di Fiesole. Quando a Marcinelle scoppiò un inferno di fuoco, i minatori erano impegnati nell’estrarre carbone a ciclo continuo a quasi un chilometro sotto terra. La miniera del Bois du Cazier, che era di proprietà statale, ad un certo punto prese fuoco. Le successive indagini accertarono che all’origine del rogo c’era un carrello, di quelli che i minatori usavano per trasportare il carbone. Fu questa dunque la causa di una strage di immense proporzioni, nella quale persero la vita 262 lavoratori, di dodici diverse nazionalità. Tanti erano emigrati in Belgio da tutta la Penisola in cerca di lavoro, di una paga e di un futuro, e trovarono invece la morte.

Solo 13 di loro riuscirono a salvarsi. Era successo che uno dei carrelli si era bloccato nel montacarichi del pozzo del Bois du Cazier, privo di sistemi di prevenzione. A causa di un malinteso tra chi era nel sottosuolo e i manovratori in superficie, il blocco finì per provocare la rottura di un condotto di olio sotto pressione e di alcuni cavi elettrici. È a quel punto che avvenne un'esplosione che originò l'incendio. Le fiamme finirono per propagarsi rapidamente a tutta la miniera. Gli uomini che erano al lavoro sottoterra non ebbero alcuna possibilità di scampo: rimasero intrappolati tra i 975 ed i 1.035 metri di profondità, dove andarono incontro a una fine atroce per via del fuoco, oppure soffocati. I minatori non hanno potuto in alcun modo mettersi in salvo, dal momento che la miniera era priva di uscite di sicurezza. Quanto ai soccorsi, solamente 15 giorni dopo, il 23 agosto, una squadra riuscì ad entrare nel pozzo.

Le speranze e le illusioni dei familiari vennero spezzate nel momento in cui i soccorritori diedero conferma di quello che si sospettava: "Tutti deceduti”. Vivevano in povertà estrema in baracche che poco tempo prima avevano ospitato i prigionieri sovietici dei lager tedeschi, e che avrebbero accolto dopo la sconfitta gli stessi tedeschi fatti prigionieri. Nel dopoguerra ne arrivarono dall'Italia 140mila, anche in virtù di un accordo tra i governi, secondo il quale l'Italia inviava mille minatori a settimana in cambio di 200 chili di carbone al giorno per emigrato. Le vecchie strutture della miniera a Marcinelle, costruite coi caratteristici mattoncini rossi, sono state restaurate a futura memoria. L'ultimo dei 13 superstiti uscito miracolosamente vivo dall’inferno di fuoco della miniera, è morto nel 2007.