
Lia Quartapelle e Mariastella Gelmini, due delle politiche "schedate" sulla piattaforma
Milano – È bastata una ricerca preliminare per scoprire che erano almeno 52 (ma probabilmente molte di più) le donne milanesi e lombarde famose le cui foto erano state pubblicate senza consenso sul sito Phica. Sono coinvolte sono attrici, modelle, cantanti, giornaliste, conduttrici, influencer, calciatrici, atlete, campionesse olimpiche e celebrità del mondo televisivo, tra cui anche le politiche Maria Stella Gelmini e Lia Quartapelle. Proprio Maria Stella Gelmini, nel pomeriggio di giovedì ha presentato denuncia alla Polizia postale di Brescia.
"Foto rubate, divulgate senza consenso, ma anche manipolate con l'intelligenza artificiale, come nel mio caso, tanto da sembrare vere. Ho scoperto anch'io, purtroppo, di essere tra le donne diventate bersaglio - su determinati siti web - di odio, violenza, insulti volgari e sessisti. Tutto questo è inaccettabile. Denunciare è necessario". Così Mariastella Gelmini, senatrice di Noi Moderati. "Al contempo, però, è arrivato il tempo di dire basta all'anonimato sul web, basta ai leoni da tastiera - continua -Così come è urgente affrontare il tema della responsabilità di queste piattaforme rispetto ai contenuti che divulgano, proprio come accade per la carta stampata".
Il 28 agosto la piattaforma ha chiuso i battenti, travolta delle polemiche, ma per oltre vent’anni foto e video di donne famose e comuni venivano messe online e commentate dagli utenti attraverso un linguaggio sessista, osceno e verbalmente violente.
Il meccanismo era sempre lo stesso: per ogni donna veniva creato un forum dedicato contenente decine di foto e video (e centinaia di commensi sessisti). In alcuni casi, questi contenuti provenivano dai profili social delle vittime o da trasmissioni televisive pubbliche. In altri casi, però, si trattava di materiale privato ottenuto attraverso “leak” – termine inglese che indica la diffusione non autorizzata di contenuti riservati – spesso di natura sessualmente esplicita.

Particolarmente grave era la pratica di manipolare digitalmente le immagini: alcune foto venivano modificate usando programmi di fotoritocco o tecnologie di intelligenza artificiale per “spogliare” virtualmente le donne o inserirle in contesti pornografici, creando così contenuti completamente falsi ma dall’aspetto realistico.
La piattaforma, attiva almeno dal 2005, aveva raggiunto dimensioni considerevoli: contava milioni di visitatori e migliaia di utenti registrati. Solo nel mese di luglio 2024, il sito aveva registrato 12,8 milioni di visualizzazioni, con una crescita del 16% rispetto al mese precedente, dimostrando quanto fosse diffuso questo tipo di consumo non consensuale di contenuti.
Gli amministratori del forum sostengono di aver sempre vietato, bloccato e denunciato “violenza di qualsiasi tipo”, “contenuti pedopornografici” e “offese verso le donne, linguaggi da branco e atteggiamenti denigratori”. Tuttavia, bastava scorrere i sotto-forum interni per imbattersi in centinaia di commenti apertamente sessisti, volgari e verbalmente violenti diretti principalmente contro le donne. Questi contenuti rivelavano un clima profondamente tossico e discriminatorio all'interno della comunità online.
La situazione era ancora più allarmante per le donne comuni: alcuni utenti avevano segnalato che migliaia di persone non famose erano state letteralmente “schedate” nel database del sito, con nome, cognome e, in alcuni casi, persino l'indirizzo di casa, creando un archivio non autorizzato di informazioni private.
Il messaggio del Partito democratico
“Esprimiamo il più profondo orrore per la pubblicazione di foto intime di donne inconsapevoli, pubblicate e manipolate su siti e forum sessisti. Si tratta di una forma di violenza, figlia del peggior patriarcato, messa in atto da uomini che odiano le donne. I responsabili vanno condannati con fermezza. Per loro non ci devono essere né sottovalutazioni, né attenuanti. E a farlo dobbiamo e vogliamo essere prima di tutto noi uomini, che dobbiamo impegnarci per estirpare alla radice una cultura che vede ancora la donna come un oggetto, non degno di alcuna forma di rispetto. Noi non vogliamo essere complici. Esprimiamo la nostra solidarietà a tutte le donne vittime di questa violenza e la nostra gratitudine verso tutte coloro che hanno denunciato quanto sta accadendo, contribuendo a combattere una lotta che deve essere condotta da tutti e tutte”. Così il capogruppo del Partito democratico Pierfrancesco Majorino, il vicepresidente del consiglio regionale Emilio Del Bono, e i consiglieri Samuele Astuti, Carlo Borghetti, Pietro Bussolati, Marco Carra, Davide Casati, Gian Mario Fragomeli, Simone Negri, Angelo Orsenigo, Matteo Piloni, Gigi Ponti, Paolo Romano e Jacopo Scandella.