
Trattamento degli scarti
Firenze, 25 aprile 2021 - Saranno anche rifiuti, ma valgono più dell’oro. Tra incassi e soldi non sborsati, il keu, scarto delle lavorazioni delle concerie di Santa Croce, uscito dall’impianto di Aquarno dal 2012 ad oggi, avrebbe fatto risparmiare qualcosa come 24 milioni di euro, in barba a leggi e norme e soprattutto all’ambiente.
Sì, 24 milioni: è il calcolo della punta massima dell’ingiusto profitto che Francesco Lerose, titolare dell’impianto di Pontedera che smaltiva il prodotto, avrebbe conseguito attraverso i reati che gli vengono contestati. Ma come sono arrivati a questa cifra i carabinieri guidati dal pm Giulio Monferini?
Innanzitutto, stando ai monitoraggi, la Dda di Firenze ha ricostruito che Lerose avrebbe recepito, nel periodo oggetto dell’indagine, 44mila tonnellate di keu proveniente da Aquarno. Per ogni tonnellata di keu, dicono ancora gli investigatori dei carabinieri Forestali e del Noe, Aquarno ha pagato a Lerose 58 euro. Significa che il Consorzio ha speso un po’ più di 2 milioni e mezzo di euro. Una sciocchezza, secondo i calcoli della procura. Un’altra discarica toscana, di cui i conciatori erano clienti saltuari, chiede infatti 220 euro a tonnellata, 162 euro in più di quelli pagati da Aquarno a Lerose. La differenza sulle 44mila tonnellate di keu trasferite alla discarica di Pontedera di Lerose, supera i 7 milioni. Soldi che il consorzio Aquarno avrebbe dunque risparmiato sullo smaltimento.
Ma la ‘circolarità’ di questo prodotto continua. Le montagne di keu accumulate a Pontedera, miscelate a sua volta con altri scarti (quello che sarebbe finito nei sottofondi stradali e di cantieri di mezza Toscana) avrebbero formato "aggregati riciclati contenenti keu" per oltre 100mila tonnellate. Che, secondo la legge, avrebbero dovuto essere smaltiti non nascondendoli sotto terra, ma trattati come rifiuti: smaltire un rifiuto semplice costa circa 60 euro a tonnellata, ma questo non lo sarebbe. E servono quei 220 euro ogni mille chili. Lo smaltimento “regolare“ di 100mila tonnellate sarebbe costato più di 24 milioni di euro.
Le intercettazioni dimostrano che Lerose in qualche caso è riuscito pure a incassare qualcosa con quel materiale, venduto appunto come prodotto per riempimento sebbene privo di qualsiasi attestazione. Ma spesso, consapevole che un controllo gli avrebbe portato guai, lo regala pure, pur di liberarsene, in preda all’ansia di un nuovo controllo dell’Arpat.