
All’origine dell’iniziativa, le storie dei tre vigili aretini morti di tumore
di Gaia Papi
AREZZO
Da una settimana è attiva la pagina Instagram "Salute e Prevenzione dei Vigili del Fuoco", creata per dare voce alle storie di chi è stato colpito da patologie gravi, per aprire un canale informativo diretto e offrire sostegno a chi cerca chiarezza, giustizia e assistenza. All’origine dell’iniziativa, le storie dei tre vigili del fuoco aretini morti a causa di un raro tipo di tumore, il glioblastoma. Come loro altri colleghi in tutta Italia sono stati colpiti da malattie su cui pesa il sospetto dell’esposizione prolungata a sostanze chimiche tossiche contenute nelle schiume antincendio e nelle tute protettive. È un’ipotesi che scuote il corpo dei Vigili del Fuoco e i loro familiari, oggi sempre più uniti per chiedere tutele, controlli e verità. "Siamo stati contattati da persone, ma anche da familiari che hanno perso una persona cara", raccontano i promotori della pagina. "In tanti si stanno aprendo, ci raccontano, ci chiedono aiuto per le cause di servizio, per fare luce sulle diagnosi".
La pagina si affianca a quella già attiva su Facebook e punta a raggiungere una platea ancora più ampia, diffondendo consapevolezza e promuovendo prevenzione su scala nazionale. Tra i promotori Matteo Ralli, figlio di Antonio uno dei tre vigili del fuoco aretini portato via dal raro tumore al cervello. Matteo è stato il primo tra i famigliari a iniziare ricerche e studi. Lo ha fatto soprattutto per lui, a cui aveva fatto una promessa, cercare la verità. "Da anni ci diceva che troppi vigili del fuoco si stavano ammalando. E lui stesso era convinto che si sarebbe ammalato".
Matteo, avete creato una rete di familiari sui social. Perché?
"La pagina Facebook è nata per parlare agli adulti, ai pompieri con anni di servizio, quelli più a rischio. Ma poi ci hanno scritto: "Perché non siete anche su Instagram?" Io ero scettico, perché su Instagram si parla di tutto, meno che di morti e tumori. E invece... ho visto una reazione enorme".
Chi vi scrive?
"Giovani pompieri. Preoccupati. Chiedono informazioni. Ma soprattutto chiedono: "Come possiamo proteggerci?" A loro dico: usate i dispositivi, anche se sono scomodi. Lo so che con 40 gradi non ce la fate, ma se li respirate, quei fumi, poi è troppo tardi. Le tute sono vecchie, non reggono più di 25 lavaggi, ma nessuno le cambia. E chi ci entra in servizio ci resta fino alla pensione".
Che risposta avete avuto dalle istituzioni?
"Il sottosegretario Prisco è venuto a Civitella il 29 giugno. Ha detto che arriveranno mezzi nuovi, e rinforzi in organico. Ma alle 300 analisi non ha risposto. Nessuna dichiarazione. E nel frattempo, mentre aspettiamo i dati, i pompieri entrano ed escono dagli incendi senza sapere se si stanno ammalando".
Cosa manca, secondo te, per rompere il silenzio?
"Una presa di coscienza collettiva. Ma anche una volontà politica. Se nessuno denuncia, se nessuno fa causa di servizio, il problema non esiste. È un cane che si morde la coda. Intanto i tumori ci sono. E i ragazzi che entrano oggi nei vigili del fuoco saranno il futuro. O si svegliano loro, o continueremo a contare morti in silenzio".
Cosa sapete delle analisi avviate dal Ministero?
"Noi sappiamo solo che i pompieri di Arezzo sono andati a Forlì a fare i test il 18 e il 20 giugno. Ma il ciclo di analisi è partito a marzo. Sono passati più di tre mesi. Ora bisogna aspettare i risultati: un mese? Due? Ma pubblicarli a luglio, in Italia? Non ci credo. Forse settembre. Forse mai. Io posso solo dire che chi ha fatto le analisi ha diritto a sapere cosa c’è nel suo corpo".