
Simone Emiliani
Arezzo, 2 marzo 2018 - E’ l'unico film che non avrebbe mai voluto vedere: lui, Simone Emiliani, aretino ma anche uno dei massimi critici cinematografici italiani oltre che da anni direttore del Festival Fedic. Ieri mattina doveva andare a Roma, dove gravita per lavoro molto spesso, essendo una delle anime del sito specializzato «Sentieri Selvaggi». Un biglietto per l’intercity delle 6.25 e la partenza riuscita solo dopo le dieci.
Lì, nel cuore di una stazione che ha vissuto la sua classica giornata da tregenda. I numeri complessivi, ci assicurano da Trenitalia, sono rimasti quelli annunciati alla vigilia e che in sè sono l’ossatura del piano neve. In pratica sulla tratta Firenze-Arezzo-Roma doveva essere garantito il 60% delle corse. Come dire che quattro su dieci sono state cancellate. Non ci sono i dettagli sulle soppressioni definitive: ma è chiaro che diverse sono coincise con la fascia critica dei pendolari, in particolare della mattina. I numeri tornano ma si sa, non tutti i treni sono uguali.
E pensare che rispetto ad altre emergenze non risultano guasti particolari. Se non un episodio ad un treno però Italo. Diretto a Milano si è fermato di schianto con le sue 350 persone a bordo: bloccato all’altezza di Figline e poi riportato proprio alla stazione di Arezzo, dove i passeggeri sono stati ridistribuiti su due convogli in transito.Movimenti che non tutti i pendolari in attesa hanno notato, ognuno perso fatalmente dietro i propri treni. Qualche ritardo robusto, in particolare sui convogli in arrivo da Milano. Fino a un paio di ore.
E poi il racconto del «buco» per Roma di prima mattina. La scelta dell’intercity delle 6.25 fatale al nostro protagonista. «Perché da quel momento è stato tutto un oscillare fra treni soppressi. Soppresso l’euronight delle 7.12, soppresso il Freccia Rossa delle 7.25». In mezzo un treno non soppresso, il regionale delle 7.43. «ma quello stavolta avrebbe fatto scalo a Orte». O Roma o Orte? Nessun dubbio per chi deve raggiungere la capitale. Fino allo spiraglio finale.
«Sono riuscito a prendere il Freccia Rossa delle 8.42: ma è arrivato con ottanta minuti di ritardo». Uno sgambetto anche della sorte: almeno dal quadro delle corse garantite una per Roma c’era ma alle 5.25, un’ora prima di quello prenotato. Ma non arrivi a pensare che dal tuo in poi ci sia un «cimitero» di soppressioni. «Ma non è stato solo il ritardo, certo pesante: è anche la condizione nella quale in tanti siamo stati costretti ad aspettare».
Perchè a volte ce ne dimentichiamo ma da tanti anni ad Arezzo manca una sala d’attesa. «Gelo, gelo assoluto: non ti senti più le gambe, ti muovi per recuperare». Unica alternativa il bar: ma quando hai fatto una colazione o magari preso un secondo caffè oltre non vai. «Gelata la hall di ingresso, ovviamente gelate le pensiline». Così oltre quattro ore, era arrivato in stazione alle 6, diventano infinite.
«Unica scossa ogni tanto gli annunci legati al tuo treno». Peccato che fossero sempre annunci di ulteriori ritardi. «Ci scusiamo per il disagio» ripete ogni tre per due la voce dagli altoparlanti. Le prime scuse le accetti, le seconde pure, le terze quasi: dalle quarte in poi ti arrabbi. Se non altro per scaldarti un po’.