Traffico d’oro con la Turchia Assolti i vertici della Castoro

Se la cavano Iacopi e Frasconi, Baldini patteggia un anno e 3 mesi. Tre condanne per una famiglia di cinesi: per loro l’accusa è riciclaggio

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Due assoluzioni e un patteggiamento per gli imputati aretini coinvolti nel processo per il traffico d’oro con la Turchia, con diramazioni nella Chinatown pratese. Il giudice del tribunale di Arezzo Giulia Soldini ha infatti assolto Rita Iacopi, proprietaria dell’azienda Castoro e addirittura prosciolto da ogni accusa il direttore Alessio Frasconi. Il terzo imputato, Giacomo Baldini (figlio di Rita Iacopi) ha patteggiato un anno e 3 mesi di reclusione. L’accusa, rappresentata dal procuratore Roberto Rossi, aveva chiesto 2 anni e 10 mesi per la Iacopi: il fratello Simone, anche lui ai vertici dell’azienda, aveva patteggiato 4 anni nel processo che si è svolto a Bologna un paio di anni fa. L’inchiesta era partita dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, negli anni ha portato alla sbarra 18 persone, fra cui 9 cinesi residenti tra il Fiorentino e il Pratese e un mediatore turco Serdar As Tansam che, a sua volta, ha patteggiato nel processo che si è svolto a Bologna nel 2020. I cinesi condannati sono una famiglia: la madre Chen Xiaowen 4 anni e 4 mesi, il padre Hu Min 3 anni e 11 mesi e il figlio Lin Jackie un anno e 2 mesi.

Il processo è stato trasferito dal capoluogo emiliano ad Arezzo per competenza territoriale: fra le accuse, a vario titolo, mosse nei confronti degli imputati c’erano l’associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di lingotti d’oro. L’operazione condotta dalla guardia di finanza aveva portato nel 2018 ad arresti e sequestri, dopo che alcuni passeggeri cinesi erano stati fermati all’aeroporto di Bologna con trolley pieni di lingotti. Durante le indagini, sono stati sequestrati, in diversi momenti, 70 chili di oro, per un valore di 2,5 milioni di euro, e denaro contante per quasi 1,5 milioni, oltre al sequestro preventivo, per un ammontare di circa 7,4 milioni di euro, di beni mobili, immobili e finanziari. Il fulcro del sistema sarebbe stato un commerciante turco di 50 anni che facendo scalo, per partenze e arrivi, dall’aeroporto Marconi di Bologna raggiungeva la Toscana per raccogliere il denaro frutto, secondo le indagini, da evasione fiscale di imprenditori cinesi della provincia di Firenze e Prato. Ad Arezzo il denaro veniva usato per acquistare oro che veniva poi portato all’estero.

La storia nasce anche dal trafficante turco che si presentava alla porta dell’azienda con un borsone gonfio di soldi per ritirare in cambio grossi quantitativi di oro non punzonato. Uno scambio alla pari tra 24 milioni di euro e 700 chili di lingotti, invisibili ai bilanci. Riciclaggio: è il succo dell’accusa che da anni ruota intorno alla Castoro, l’azienda di Castiglion Fibocchi praticamente decapitata pochi giorni prima del Natale 2018.

Ora la sentenza. Secondo la Procura i quattro avevano la piena consapevolezza della provenienza illecita del denaro, che è poi il perno di questa storia di oro in salsa turca. La sentenza ha deciso altrimenti, selezionando le responsabilità.