MARIANNA GRAZI
Cronaca

"Il mio trampolino nel mondo". Pupo lancia il tour mille tappe

Il nipote sul palco, poi la festa dei 70 anni a Ponticino. "Serata decisiva". Boccia la musica attuale, promuove il Festival. "Ci vogliono più mxischermi". .

Enzo Ghinazzi sarà stasera sul palco. con l’anteprima del «Pupo 50 World Tour»

Enzo Ghinazzi sarà stasera sul palco. con l’anteprima del «Pupo 50 World Tour»

di Marianna Grazi

AREZZO

Sarà l’anteprima del tour "Pupo 50 World Tour" a chiudere questa sera l’edizione 2025 del Mengo Music Fest, uno degli appuntamenti musicali più importanti dell’estate italiana. Enzo Ghinazzi ha scelto la sua amata Arezzo per lanciare le celebrazioni dei suoi 50 anni di carriera. Un concerto gratuito, voluto insieme al patron del festival Paco Mengozzi. Le esibizioni inizieranno alle 18, con Sudsudden, Corso Italia, Tommiboy dj set e Capaleo ad aprire la serata, che si concluderà con il Trash party finale. In attesa del live, abbiamo intervistato Pupo per farci raccontare emozioni e aspettative di questo importante traguardo.

Come si è preparato a questo concerto?

"Lavoro tantissimo sulla scaletta dei live, che cambia continuamente fino all’ultimo. È un aspetto tecnico fondamentale. Per me questo concerto ha un valore affettivo, ma lo affronto con la stessa calma, da ex giocatore, di sempre. Sono più preoccupato per i miei musicisti, tutti aretini".

Un festival ormai internazionale?

"Sì, e alla base c’è uno scambio. La città mi dà un’occasione prestigiosa e io restituisco visibilità mondiale, come anteprima del tour. Ci sarà anche una diretta radiofonica del gruppo Mynet, una prima volta assoluta. Volevo che ci fosse Arezzo e la Toscana nel mio tour, che si chiuderà a Firenze il 27 maggio".

Il legame con questa regione è forte?

"Direi atavico: la mia famiglia in origine era fiorentina e guelfa, esiliata tra i ghibellini ad Arezzo. E poi c’è Ponticino, dove festeggerò i miei 70 anni l’11 settembre e dove ho ricomprato il country club, simbolo di rinascita dopo i miei problemi col gioco. È un percorso simbolico: Arezzo, Ponticino, Firenze".

La sua musica continua ad attraversare i decenni. Che idea si è fatto di quella di oggi?

"Ci ho pensato molto in questi giorni: la musica italiana degli anni ’80 ha ancora una forza che quella di oggi, temo, non avrà tra 50 anni. Si è chiuso un ciclo creativo: oggi sento repliche, citazioni, a volte plagi. La tecnologia ha appiattito tutto. Si chiede all’intelligenza artificiale di scrivere una canzone "alla Ivan Graziani" e ci si illude di aver creato qualcosa, ma manca lo spirito. Un concerto vero è fatto da chi canta e suona dal vivo, come Agnelli o Lucio Corsi. Oggi vedo troppe esibizioni costose ma senza anima".

Il Mengo è anche un punto d’incontro tra generazioni. Può aiutare i giovani?

"Certo. Giovedì ero in mezzo al pubblico per Lucio Corsi, in incognito e ho ascoltato anche i gruppi emergenti. Anche mio nipote, Capaleo, suona stasera. I giovani vanno incoraggiati, ma devono capire che il riferimento oggi è il mondo, non noi. Fare musica non significa più risolvere con la ricchezza questioni esistenziali, ma deve essere un modo onesto e appassionato di vivere".