MATTEO MARZOTTI
Cronaca

Tormento ed estasi degli aretini dal 1923 Il primo secolo di storia dell’Arezzo calcio

La fondazione nelle stanze del Caffè del Vapore. Dallo stadio Mancini al Comunale: un cammino fatto di successi, battaglie e rinascite

Tormento ed estasi degli aretini dal 1923  Il primo secolo di storia dell’Arezzo calcio
Tormento ed estasi degli aretini dal 1923 Il primo secolo di storia dell’Arezzo calcio

Matteo Marzotti

Tormento ed estasi recitava uno striscione tramandato grazie ad una foto che è diventata il simbolo di un’epoca. Tormento ed estasi, due parole che racchiudono alla perfezione i cento anni di storia del Cavallino dove tante sono state le difficoltà, ma tanta anche la voglia e la determinazione della città di rialzarsi nonostante tutto. Una storia che parte in una calda giornata di settembre nei pressi dei Bastioni, nella parte bassa di Corso Italia. Ad Arezzo il calcio era già arrivato anni primi. Alcune formazioni (perché non si potevano certo chiamare società) si erano formate tra il 1917 e il 1918 anche se in quegli anni si giocava più per passatempo. I giornali del tempo ricordano soprattutto due squadre. La Società Foot-baal Aretina che giocava a Campo di Marte e la Pro Arezzo che aveva come impianto sportivo due porte e un rettangolo verde al Prato. I dirigenti di queste due formazioni nel settembre del ‘23 erano seduti attorno ad un tavolino del Caffè del Vapore ed avevano compreso l’importanza di fare squadra, di mettere da parte il dna di botoli ringhiosi affibbiatoci da Dante per costruire una sola realtà e trovare maggiori forze per una scalata. Maglia color giallo (alcuni parla di un colore tendente all’arancione), pantaloncini neri e calzettoni neri: ecco la Juventus Football Club Arezzo. L’Unione Sportiva arriverà solo anni anni dopo quando anche la legge in vigore negli ‘30 imporrà di rendere più italici i nomi delle società sportive. Il primo salto concreto di categoria arriverà nel dopo guerra, nel 1948 l’unghesere Hajos porta il Cavallino nella nuova serie C, ma le difficoltà economiche fanno cadere gli amaranto in Promozione. Servirà l’intervento di un presidente come Simone Golia, la cui foto campeggia ancora oggi nella sede di viale Gramsci, a far cambiare il vento. Sono anni ruggenti, anni in cui in società arriva un imprenditore come Mario Lebole e con Amintore Fanfani, presidente del Consiglio, che nel 1961 partecipa all’inaugurazione del nuovo stadio Comunale con il Cavallino che lascia quindi il vecchio stadio Mancini di Campo di Marte. Investimenti e entusiasmo portano alla prima serie B nel 1965-1966, alla vittoria in amichevole contro il Vasco da Gama, ma il risveglio è tremendo vista la retrocessione a fine stagione anche se il Cavallino riesce dopo un solo anno a tornare in B salvandosi. Ma a metà degli anni ‘70 è ancora serie C nonostante un giovane di belle speranze come Francesco Graziani in attacco che negli anni ’90 avrà in mano la palla per far rinascire il Cavallino. In mezzo però c’è una vittoria della Coppa Italia semipro con Terziani e Angelillo, Butti e Neri, Mangoni e Pallicanò. Si torna in B, Maradona viene ad Arezzo in amichevole per debuttare in Italia con il Napoli. Altri anni ruggenti, altro burrascoso stop quando tutto lasciava presagire la lotta per la A. Gli anni ’90 sono quelli più duri. Nell’aprile del 1993 l’Arezzo viene radiato a campionato in corso. Un’onta da cancellare. Intorno a Graziani sun gruppo di tifosi e imprenditori fa rinascere l’Arezzo, ma serve l’arrivo di Cosmi per uscire dalla polvere della D. La scalata alla C1 ha inizio e vedrà passare da aRezzo giocatori indimenticati, su tutti Minghelli, ma anche Nofri, Battistini, Semplici, Frick, Bazzani e via dicendo. Poi quando la B sembra alla portata altra frenata. La squadra retrocede ma viene ripescata. Il presidente Mancini si affida alla scommessa Somma che domina il campionato: è serie B ed è una liberazione. I tre anni tra i cadetti sono quelli di Spinesi, di De Zerbi, dei playoff per la A sfiorati con Gustinetti. E anche qui quando l’asticella sembra potersi alzare un’altra frenata. Calciopoli affossa l’Arezzo (si scoprirà poi che non aveva commesso illeciti) si torna in C nonostante Conte e Sarri in panchina. La nuova Lega Pro tiene invischiato il Cavallino nelle prime posizioni ma senza l’acuto necessario per salire ancora. E così nel 2010 al termine di una stagione da dover vincere la squadra non si riscrive. Nasce Orgoglio Amaranto, primo esempio di azionariato popolare nei club, che recita un ruolo da protagonista con l’allora presidente Massetti. Un ruolo spesso scomodo viste le schermaglie con le varie proprietà sul tema degli investimenti e dei conti in ordine. Ma un apporto che stimola al ripescaggio nel 2014, che ancor di più è alla base del salvataggio del club nel 2018 insieme a Comune e imprenditoria, su tutti Giorgio La Cava e Massimo Anselmi e che oggi sembra aver trovato una quadra con l’attuale proprietà, quella che dopo la retrocessione ha riportato il Cavallino tra i professionisti.