ALBERTO NOCENTINI
Cronaca

Susine e ciliegie, il dialetto è più evocativo

I due frutti si chiamano rispettivamente "sucene" e "Saregia" o "Saragione", nome quest’ultimo che ha causato più di un equivoco

di Alberto Nocentini

Osservava argutamente un poeta greco che il mese di maggio è bello da vedere perché ha tanti fiori, ma è anche triste perché non ha frutti; anche noi, usciti ormai dall’inverno non vediamo l’ora di assaporare pesche, susine e ciliegie, tutti frutti gustosi che germinano nei nostri orti. Ma non è stato sempre così; basta riflettere sui loro nomi, che accusano ancora la provenienza esotica: pesca è contrazione di pèrsica, come dicono ancora i romani, che vuol dire ‘frutto della Persia’, e susina non è altro che ‘frutto di Susa’, che della Persia è stata una delle capitali, col suffisso latino -inus che indicava la provenienza, come da Arretium si è avuto Arretinus.

Nel nostro dialetto, però, non è giunta la forma più comune colla vocale lunga e l’accento piano susìna, ma la variante più rara colla vocale breve e l’accento sdrucciolo sùsina, che ha dato sùcena secondo la fonetica dell’aretino; e sùcena è parola sicuramente più evocativa, che invita a succhiare il frutto maturo invece di addentarlo.

Vicende più complesse e travagliate ha subito la ciliegia a cominciare dal suo arrivo a Roma come portato delle guerre mitridatiche, che conobbero vittorie fulminanti, ma anche sconfitte disastrose. L’ingresso della ciliegia viene attribuito a Lucio Licinio Lucullo, che celebrò il trionfo sul re armeno Tigrane ed è divenuto proverbiale per l’opulenza e la raffinatezza dei suoi conviti, evocate ancora dall’aggettivo luculliano. Messo in ombra dagli astri di Pompeo e di Cesare, Lucullo venne presto dimenticato, ma noi gli dobbiamo eterna riconoscenza per averci fatto dono di un frutto di cui non saremo mai sazi.

Resta da stabilire se il nome della ciliegia sia quello originario del frutto importato dall’Armenia, dal Ponto o dalla stessa Persia, come i nomi della pesca e della susina, oppure sia quello di un frutto spontaneo del bacino mediterraneo, col quale la ciliegia è stata identificata. Di sicuro c’è che nel latino è giunto dal greco e che fin dall’inizio aveva due forme, cerasa, continuata dai dialetti meridionali, e ceresa, continuata dai dialetti settentrionali. La Toscana, trovandosi nel centro, continua entrambe le forme: il fiorentino, a nord, ha adottato la variante con e e presenta l’esito aberrante ciliegia, mentre il senese, a sud, ha scelto la variante con a saragia, seguito dall’aretino, dove però la a cade sotto la regola che trasforma il cane in chène e diventa sarègia. E da sarègia, sfruttando le risorse dell’armonia vocalica, derivano il diminutivo siregina, con tutte vocali strette, e l’accrescitivo saragiona, con tutte vocali larghe.

E proprio le saragione, una bella qualità di duroni, hanno dato il nome alla fiera della Madonna del Rivaio, che ricorre a Castiglion Fiorentino la terza domenica di giugno, nota come Festa delle Saragione e più ancora come Festa delle Chióchene (ma di questo nome parleremo in un’altra occasione). Il richiamo saragione! saragione! risuonava dai banchi della fiera a vantare la bontà del prodotto e invogliare i passanti; finché uno di questi, un po’ infastidito, all’ennesimo saragione! replicò: Ma chi v’ha mai dato torto!