
Angelo Rossi
Arezzo, 17 dicembre 2019 - «Salve, siamo i ragazzini dello scorso sabato e vogliamo porgere le nostre più sentite scuse per l’azione poco consona di venerdì». L’azione è un furto in piena regola in un negozio di fumetti e di giochi nel quartiere di Saione, roba non da poco: 4-500 euro di valore complessivo. Ma è anche l’azione di una storia di Natale iniziata nel peggiore dei modi e che si è conclusa nella maniera migliore.
«Siamo molto dispiaciuti per l’accaduto e non lo ripeteremo più». Tutto comincia nel negozio di Angelo Rossi, consigliere comunale, animatore del comitato «Arezzo nel Cuore» che si prefigge di ascoltare gli aretini nei vari quartieri, prendendosi carico dei vari problemi. Rossi, accorgendosi del furto, va subito a visionare le immagini della videosorveglianza, vede che i ladri sono quattro ragazzini del quartiere, quattordici anni di età, praticamente bambini appena un po’ cresciuti.
Mentre uno distraeva la commessa, gli altri infilavano i fumetti e i videogiochi negli zaini. Prima di fare un salto in caserma per denunciare il furto, Rossi si prende del tempo e sarà questa la mossa decisiva. All’indomani, infatti, i quattro si ripresentano in negozio e il consigliere comunale ovviamente li riconosce. «Ho visto che siete stati voi - dice - delle due l’una: o mi riportate la merce rubata oppure lunedì vado dai carabinieri».
Arriviamo appunto a ieri. lunedì, ore 18 circa. E’ Angelo Rossi che racconta la scena: «Sono entrati a capo chino e mi hanno riconsegnato tutto. E come fossero stati figli miei, ho impartito una lezione da babbo, ho cercato di far loro capire che da una ragazzata può nascere un disastro, che una denuncia avrebbe potuto influire sulla vita e sulla famiglia, che quando imbocchi una china pericolosa è poi difficile venirne fuori.
Mi hanno ascoltato, in silenzio, e in quei momenti mi sono detto che forse era stata la cosa migliore dare una possibilità a chi ha sbagliato. Quello che è successo dopo, mi ha confortato ancora di più e sinceramente mi sono pure commosso». Il dopo è rappresentato infatti dalla busta chiusa dentro il sacco della refurtiva restituita.
Nella busta c’era appunto la lettera,con le parole riportate all’inizio dell’articolo, scritte in una calligrafia ancora infantile, da ragazzini della terza media o che al massimo frequentano la prima superiore.
Una lettera di scuse, a suggello di una lezione che di sicuro non verrà dimenticata, segno di un pentimento sincero. «Mi sono anche chiesto - conclude Angelo Rossi - se non fosse il caso di avvertire i genitori, ma poi ho deciso di chiuderla qui. E la lettera di pentimento mi ha davvero toccato il cuore».