
Ieri è stata concessa la terza proroga alla cohousing di Campoluci. I parenti: "Si toglie un tetto e una quotidianità che funzionavano".
"Lasciate vivere i nostri genitori a casa loro". La frase, scritta a mano su un lenzuolo e appesa ai cancelli della cohousing di Campoluci, è rimasta a lungo sotto gli occhi di chi, ieri, ha assistito al principio di sgombero della struttura. In silenzio, tra le auto dei Carabinieri, il Nucleo Nas, la Polizia Municipale, i sanitari della Asl Tse e i volontari di Anpas e Misericordia di Arezzo, si è consumato un momento di grande tensione emotiva. Nessuno dei parenti ha rilasciato il consenso al trasferimento dei propri cari, e così il Tribunale ha deciso per la terza volta di rinviare lo sgombero, in attesa di individuare soluzioni alternative. Due le strutture finite sotto indagine dalla Procura di Arezzo: quelle di Matrignano e Campoluci, entrambe gestite secondo la formula del cohousing. Si tratta di case private dove i contratti d’affitto regolano la permanenza degli anziani, assistiti da badanti e seguiti da medici di fiducia. Un modello nato come alternativa alle tradizionali Rsa, pensato per offrire assistenza e compagnia a chi non aveva trovato posto nei circuiti ufficiali, preservando autonomia, socialità e dignità. Dal 2016 Campoluci è stato un esperimento unico: appartamenti condivisi, spazi comuni per cucinare, visite mediche personalizzate e la presenza costante delle badanti. Per le famiglie, la struttura era molto più di un servizio di assistenza: era una vera e propria casa, un luogo di relazioni e routine consolidate, dove i propri cari potevano mantenere abitudini quotidiane e affetti, lontani dalla solitudine che spesso caratterizza le grandi strutture sanitarie. Tutto è cambiato nel 2022, quando un esposto ha dato il via a un’inchiesta della Procura. La magistratura ha contestato il sequestro preventivo delle strutture, ritenute prive delle autorizzazioni necessarie per l’attività sanitaria e infermieristica, oltre a ipotizzare la gestione impropria dei farmaci soggetti a prescrizione. Quattro le persone indagate, tra proprietari e gestori. Nonostante le contestazioni legali, le famiglie e gli stessi anziani hanno manifestato con fermezza la loro volontà di rimanere nella propria casa. "Si toglie un tetto e una quotidianità che funzionavano – spiega un parente –. Non contestiamo la legge, ma chiediamo che non si cancelli ciò che ha dato vita e dignità a chi non aveva altra scelta". All’esterno dei cancelli, striscioni e messaggi testimoniano l’affetto per le badanti e per la vita condivisa: "Qui l’amore incondizionato delle loro badanti allevia la loro malattia". Il rinvio dello sgombero ha dunque permesso agli anziani di restare, almeno per il momento, nella loro casa, evitando un trauma che, secondo le famiglie, avrebbe potuto avere conseguenze fisiche e psicologiche importanti, soprattutto per chi già convive con fragilità o malattie neurodegenerative. Al momento, dunque, Campoluci e Matrignano restano aperte, e i 14 anziani continuano a vivere tra affetti e routine consolidate. La terza proroga lascia tempo ai familiari per trovare soluzioni alternative.