CLAUDIO ROSELLI
Cronaca

"Sbragi", l’artigianato che va oltre la crisi

L’azienda di Ceciliano, specializzata nella lavorazione del ferro, ha già ripreso ad assumere subito dopo la fine del lungo lockdown.

di Claudio Roselli

Ha assunto dopo il lockdown, una sola persona ma è il segnale che conta in un momento nel quale la ricerca della normalità corre su due binari paralleli: quella sanitario e quello economico. La lavorazione del ferro e dei metalli è nel dna di famiglia: siamo infatti alla quarta generazione. La qualità artigiana al 100% è il punto di forza della "Sbragi Donato", azienda che dal 1973 lavora alle porte di Arezzo nell’officina con nuova sede (investimento del 2019) a Case Nuove di Ceciliano 75, seconda unità in località La Chianicella 18.

E’ una squadra ben collaudata di fabbri che produce serramenti in alluminio e ferro, infissi, finestre metalliche, arredamenti e tutto ciò che è appunto… metallo. Essere artigiani, poi, vuol dire esaltare la creatività su misura e garantire al cliente quel pezzo unico che risponde in pieno alle sue esigenze e ai suoi desideri; la Sbragi riesce in questo obiettivo sia per i privati che per le aziende.

Tradizione di famiglia, appunto. Donato ha passato il testimone ai figli Fabio e Fabrizio, di 50 e 46 anni, e al nipote Giacomo (figlio di Fabio), che di anni ne ha 25 e che con entusiasmo sta garantendo continuità e futuro a una realtà imprenditoriale forte di dieci dipendenti, che prima dell’emergenza Covid rischiavano di essere pochi rispetto alle esigenze.

"Abbiamo puntato sulla diversificazione del lavoro – spiega Fabio – anche perchè è cambiata la configurazione economico-produttiva del contesto aretino. Di conseguenza, abbiamo dovuto allargare la nostra piazza, non dimenticando che internet e e-commerce hanno cambiato il modo di acquistare. Una politica che ci ha ripagato e che ci permette di andare avanti con ottimismo".

"I momenti difficili della crisi del 2008 li abbiamo avvertiti ma siamo riusciti a non mandare a casa nessuno. Da artigiani veri, ci siamo rimboccati le maniche alla vecchia maniera, lavorando senza guardare a orologio e a fine settimana: era l’unica medicina efficace per poter sconfiggere la crisi. Non appena ne eravamo usciti, ecco piombare fra capo e collo l’emergenza coronavirus: lavoriamo in Italia, soprattutto nel settentrione e anche all’estero".

Gli operai dell’azienda erano già preparati per il tipo di lavoro da svolgere, oppure hanno imparato il mestiere sul campo? "Li abbiamo formati noi e questo è un altro motivo di grande soddisfazione. Peraltro, negli ultimi tempi gli avvicendamenti in officina sono stati pochissimi, sia in entrata che in uscita, ma una volta usciti dal periodo più delicato abbiamo proceduto con l’assunzione di un giovane: questa la nostra risposta".