LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Quel filo che annoda la speranza

C'è chi non si rassegna alla follia della guerra e cerca di superarla con piccole azioni quotidiane. A Rondine e a Monte San Savino, persone come Jack Arbib offrono speranza e aiuto a chi è bloccato dalla guerra. Una speranza fatta di acciaio per non commettere più errori.

Il filo della speranza è sottile ma è fatto di acciaio. Perchè c’è chi non si rassegna alla follia della guerra e prova a superare l’orrore che pietrifica e scatena controffensive. C’è chi lavora in silenzio e lo fa partendo dalle piccole cose di ogni giorno. Così, a Rondine dove gli studenti israeliani e palestinesi, come pure quelli ucraini e russi, imparano a stare insieme, a condividere persino i panni nella stessa lavatrice. A Monte San Savino Jack Arbib, intellettuale israeliano, mette a disposizione la sua casa e accoglie famiglie di connazionali bloccati in Italia dalla guerra. Voli cancellati su Israele. E pensa che per uscire dal tunnel dell’orrore sia necessario fare passi che vadano nella stessa direzione. Per non commettere più errori "da entrambe le parti".