
Claudio Repek
LLa prima telefonata fu di Giancarlo Pajetta: “ti sembra il momento giusto?”. Dopo la domanda, la richiesta di rettifica. La risposta di Tito Barbini fu no. Giugno caldo quello del 1988 per il Segretario provinciale del Pci di Arezzo. Il fuoco lo aveva acceso lui portando al voto del Comitato Federale due argomenti che fino a quel momento mai erano apparsi in un’agenda del Pci: la richiesta di dimissioni del Segretario nazionale e lo svolgimento di un congresso a mozioni anche contrapposte.
Il documento venne approvato a maggioranza dal Comitato Federale: 19 voti a favore, 9 astensioni e 3 voti contrari. Era il 7 giugno 1988. “Il Cf chiede al Segretario generale ed alla Direzione nazionale di assumere le responsabilità che le competono presentandosi dimissionari al Comitato centrale di luglio proponendo allo stesso organismo la convocazione del congresso nazionale anticipandone la scadenza naturale. Il Comitato Centrale prenda atto dell’impegno e del ruolo svolto dal compagno Natta in questa delicata fase di transizione e promuova un deciso passo in avanti nel rinnovamento, assumendo l’iniziativa di eleggere un nuovo segretario nelle persona del vice segretario (Occhetto, ndr)”.
Se questa era la richiesta, ecco premessa e motivazione: “in 10 anni il Pci ha perso 10 punti, la sinistra nel suo complesso è scesa ed il pentapartito in un solo anno sale di 10 punti. La Dc non solo tiene i suoi consensi ma si propone come perno moderato e con volontà egemone nella società italiana. Per invertire una simile tendenza occorre innanzitutto prendere atto delle dimensioni di una sconfitta che ha caratteri strutturali di natura culturale e politica”.
Dopo l’addio a Natta, c’è quello al centralismo democratico: “è necessario infine andare al Congresso con la presentazione di mozioni politiche, anche alternative, che possano portare nei congresso espressioni chiare di maggioranza e minoranza”.
In quel periodo Alessandro Natta è in un letto d’ospedale e, anche in seguito, eviterà commenti sull’iniziativa del Pci di Arezzo. Ecco però, in risposta ad una mia lettera, la sua ricostruzione dei fatti di allora e il suo giudizio formulato otto anni dopo e cioè nel 1996: “confesso che non ricordavo proprio (o avevo completamente dimenticato) che ci fosse stato un ordine del giorno della federazione aretina che chiedeva la mia sostituzione con Occhetto.
Dal momento in cui venni colpito da un infarto il 30 aprile fino ai primi di giugno, io non ebbi assolutamente modo di seguire né i giornali né la vita del partito, poiché ero ricoverato prima a Perugia e poi a Roma ed i medici ed i miei famigliari furono giustamente attenti a non sottopormi a nessuna tensione o preoccupazione. Solo quando, ai primi di giugno, tornai a casa mi accorsi che era in atto una campagna, attraverso la diffusione di voci e di indiscrezioni e dichiarazioni di compagni, per accelerare una mia rinuncia formale, dato che in pratica il partito era già diretto dal vice dal momento dell’insorgere della mia malattia. Non ho saputo, dunque, o non ricordavo, il pronunciamento della Federazione di Arezzo (ho dimenticato anche chi fosse il segretario!) ma la cosa non mi stupisce perché, dopo le mie dimissioni, venni a conoscenza, e questo non l’ho dimenticato, che tra i promotori di quella richiesta, anche attraverso dichiarazioni pubbliche, c’era stato il segretario regionale della Toscana, Chiti".
" Ciò che posso dire - insisè ancora Natta - in proposito è che decisi subito di lasciare l’incarico, inviando alla Direzione del Pci due lettere: una ufficiale che fu resa pubblica ed una che io consentii restasse riservata. In questa seconda lettera io rivolgevo una critica ai compagni che avevano ritenuto - pur conoscendomi bene e sapendo che a 70 anni e dopo un infarto non ero certo né nel mio animo né nel mio proposito di aggrapparmi ad una carica, tra l’altro accettata per senso di disciplina e con sofferenza - di aver fatto ricorso a manovre e pressioni non degne e del tutto superflue”.
Natta espresse infine il suo giudizio sul documento del Comitato Federale di Arezzo che lo aveva sfiduciato: “Si trattò non solo della rottura delle regole e del costume politico che erano proprie del Pci e che riguardavano la forma e la sostanza del rapporto tra il Centro e le federazioni, ma anche tra le diverse istanze e livelli dell’organizzazione comunista. L’aspetto più grave, perché coinvolgeva un problema di moralità politica, è che quella richiesta o sollecitazione (per altro del tutto legittima) venisse formulata pubblicamente mentre io mi trovavo ancora a rischio...
"Certo - scrisse ancora Natta - si trattò - mi spiace dirlo ma lo dico con l’animo sgombro da tempo di amarezze e risentimenti - di un corrompimento di regole e di rapporti politici e morali che già erano stati incrinati nella nostra comunità durante la segreteria di Berlinguer (con l’uso, ad esempio, dell’indiscrezione ai fini della lotta politica) e che successivamente conobbero altre offese”.
Achille Occhetto divenne Segretario nazionale il 21 giugno 1988. Alessandro Natta morirà il 23 maggio 2001, dieci anni dopo lo scioglimento del partito che aveva guidato dal 1984 al 1988, raccogliendo l’eredità di Enrico Berlinguer, morto in una piazza di Padova mentre stava tenendo un comizio in vista delle eleziooni europpee di quell’anno.