di Lucia Bigozzi
Luigi aveva 18 anni, Donatella 16. Lui le dava ripetizioni di chimica, due studenti che frequentavano il gruppo scout di San Domenico: correvano gli anni Settanta. Il cammino è iniziato così: un lungo fidanzamento poi nel 1987 il matrimonio e due figlie, oggi giovani donne che costruiscono il futuro. Insieme, e negli ultimi sette anni uno accanto all’altra tra la cucina e la sala del ristorante La Pieve. Insieme fino al 12 marzo 2021 quando il Covid si è preso Luigi Spiganti, 62 anni, farmacista e grande appassionato di vini. Gigi, per gli amici. Ha lasciato una traccia profonda in chi lo ha conosciuto e apprezzato per la cordialità, l’allegria e la forza di andare avanti, contro le avversità.
Donatella come vive questa ricorrenza?
"Sono i giorni del dolore. Oggi (ieri, ndr) si ricordano le vittime del Covid, Luigi è morto il 12 marzo 2021 e proprio il 12 marzo, cioè domenica scorsa, è stato il mio ultimo giorno di lavoro alla Pieve. Ho deciso di lasciare la gestione".
Perchè?
"Ho provato a continuare in questi due anni insieme ai ragazzi del nostro team ma mi sono resa conto che senza Luigi nel ristorante mancava l’anima. Lo avevamo pensato e realizzato insieme e proseguire da sola non aveva più senso. E così, con le mie figlie abbiamo deciso. Proprio l’altroieri ha aperto la nuova gestione e i ragazzi del nostro team sono tutti lì".
Come è nata l’idea del ristorante?
"Luigi era impegnato nella farmacia, io per ventidue anni sono stata impiegata in un’azienda orafa; un mondo totalmente lontano dalla cucina. Luigi è stato straordinario nel seguire la crescita delle nostre figlie e nella cura della famiglia. Poi negli anni Duemila, la flessione del settore orafo ci ha spinto a creare qualcosa di nostro. L’evoluzione di una prima esperienza è arrivata nel 2015 con l’opportunità de La Pieve. Abbiamo aperto un’altra pagina della nostra vita: sono stati sette anni bellissimi. Luigi aveva il piacere dell’accoglienza, in sala consigliava i vini, era in assoluto il più bravo e gli piaceva trasmettere la sua passione. Un uomo in movimento".
Poi è arrivato il Covid.
"Il 2021 è stato un anno orribile. Luigi stava molto attento: in farmacia usava dispositivi di sicurezza e per mesi ha vissuto in una casa di famiglia da solo, per evitare di esporci al rischio contagio. Il giorno in cui è risultato positivo, doveva fare il vaccino. La sua categoria professionale ha potuto accedervi dopo altre tipologie di professionisti; forse se avesse potuto farlo prima... Pensi, io lo sollecitavo continuamente".
Perchè non le dava ascolto?
"Perchè non voleva passare avanti agli altri e per questo attendeva il suo turno proteggendosi e utilizzando le precauzioni".
Vi siete ammalati insieme?
"Sì, per entrambi è stata una forma molto aggressiva. Io sono stata a casa con febbre, tosse e tutti i sintomi; Luigi che aveva già una patologia probabilmente ha reagito in maniera diversa e per lui c’è voluto il ricovero in ospedale. Alla fine, io ce l’ho fatta, lui no".
Come avete passato il primo anno di pandemia?
"Il 2020 è stato meraviglioso: la pandemia ha fatto in modo che vivessimo insieme ventiquattrore su ventiquattro, noi e le nostre figlie, condividendo ogni momento. Ogni giorno era carico di mille cose fatte insieme, momenti tutti nostri che prima di allora, con i rispettivi impegni di lavoro, non avevamo mai avuto modo di godere pienamente".
Cosa ha provato quando è uscita per l’ultima volta dal ristorante?
"Mi è dispiaciuto molto, ma in qualche modo ora mi sento sollevata. Senza Luigi quel luogo si era spento".