"Perdono ma non dimentico" Nia e i genitori fucilati

A 94 anni è tornata nei luoghi dove i genitori vennero arrestati e fucilati. I loro corpi ritrovati anni dopo. L’abbraccio con gli altri superstiti della strage.

"Perdono ma non dimentico"  Nia e i genitori fucilati

"Perdono ma non dimentico" Nia e i genitori fucilati

di Matteo Marzotti

CIVITELLA

"Non potete immaginare in che stato era Civitella nel giugno del 1944, non ci sono parole per descriverla". A parlare è Nia Cau che non dimostra in alcun modo i suoi 94 anni. Da oltre 60 anni abita lontano dall’Italia e dopo essersi sposata con uno svedese è tornata in Svezia dove ancora oggi insegna italiano e arte, forte della conoscenza delle lingue (ben quattro) tra cui l’italiano. Nel giugno del 1944 aveva 14 anni quando i nazifascisti arrivano a Gebbia, portarono via i genitori - Giovanni Cau e Helga Elmqvist, sfollati da Firenze - accusati di essere spie dei partigiani per ucciderli. In realtà l’unica colpa di Helga fu quella di conoscere il tedesco e di aver provato a spiegare ai nazisti che i civili non avevano colpe per l’incidente al dopolavoro dove morirono tre militari tedeschi nello scontro con i partigiani.

29 giugno 1944: che ricordo ha di quel giorno?

"L’arrivo dei nazisti, mia madre che dopo tante discussioni veniva portata via insieme a mio padre. Ci disse di stare tranquilli che sarebbe tornata la sera. Invece non tornò più. I loro corpi furono ritrovati sei anni dopo nella fornace di Monte San Savino. Io, mio fratello di 15 anni e mia sorella di 4, restammo soli con mia nonna di 70 anni. Una donna energica, che in quanto cittadina svedese cercò di interrompere quella carneficina dicendo che Gebbia era una sua proprietà e che loro, i nazisti non potevano toccarla. Purtroppo i soldati uccisero comunque tante persone. Dopo la strage, la notte, mio fratello e il fratello di una mia amica, Livio Arrigucci di 16 anni, caricarono i corpi su una carriola per portarli al cimitero. Mio fratello di questo episodio non ne ha mai voluto parlare in seguito".

Dopo quel giorno cosa cambiò per lei e i suoi fratelli?

"Ci trasferimmo a Roma vivendo più di un anno con le suore di San Brigida, finita la guerra tornammo a Firenze. Lì ho proseguito gli studi, poi a 19 anni ho lasciato l’Italia. Ero una ballerina di danza classica, in quel momento era come se tutto il mondo fosse mio. Poi mi sono sposata con uno svedese e non sono più tornata in Italia salvo per alcune occasioni. L’italiano non l’ho scordato e l’accento fiorentino sente come mi è rimasto".

Intanto le si avvicina una signora che la chiama per nome: è Mirella Arrigucci, l’amica di cui parlava poco sopra. Un lungo abbraccio, gli occhi lucidi perchè i ricordi di quel periodo riaffiorano anche senza parlare. "Due settimane fa mi hanno chiamato mentre stavo per iniziare una lezione e mi hanno detto che sarebbe venuto il presidente Mattarella per celebrare il 25 aprile e ho deciso di essere qui oggi - racconta Nia - ero tornata a Civitella anche nell’ottobre scorso con mia figlia e quel giorno, come oggi, provai qualcosa di particolare nel visitare la Sala della Memoria che hanno ingrandito".

Che significato ha questo giornata per lei?

"Il ricordo e la memoria perchè si può perdonare, ma non dimenticare. Io ho perdonato, ho vissuto anche tre anni in Germania, parlo tedesco come l’italiano, e mi sono resa conto che la gente tedesca in Germania non aveva niente a che fare con queste cose avvenute in Italia".